Giovedì 19 Dicembre 2024

Lavorare per Google? Le 4 caratteristiche chieste ai candidati

ROMA. Di solito siamo abituati a cercare lavoro su Google. Ma se dovessimo cercare lavoro proprio all'interno di Big G, quante probabilità avremmo di essere assunti? E quali caratteristiche dovremmo possedere? Se volessimo essere assunti, ci andremmo ad aggiungere a oltre due milioni di candidati che - ogni anno - presentano domanda, affascinati da una carriera a Mountain View o tra le settanta sedi del colosso californiano. Se teniamo conto della media di assunti l'anno - tra i 4mila e i 6mila -, la probabilità di essere il prossimo "Noogler" (ovvero "new gloogler") può oscillare tra 1 caso su 400 e 1 caso su 333.  Ma la difficoltà e rigidità del processo è abbastanza nota, almeno nella sua forma essenziale, e resa pubblica dalla stessa pagina Careers di Big G. Ad esempio, per una delle posizioni più ambite e richieste come quella del software engineer - come racconta ilsole24ore.com - la trafila ordinaria prevede in media 1-2 interviste telefoniche, a cui potrebbero seguire fino a 5 colloqui di persona e infine una revisione di due diverse commissioni. Dunque, un processo che potrebbe durare almeno un mese. Ma quali sono i criteri principali tenuti in considerazione?  E' proprio Google ad elencarli e sono in tutto 4: leadership, competenze legate al ruolo, capacità di ragionamento e un criterio tanto "morbido" quanto determinato, la cosiddetta “googleyness”. Leadership, ovvero “usare muscoli diversi” a seconda della situazione (ma sapendosi limitare). Il termine è entrato ormai da anni nel vocabolario delle buzzword, le parole inflazionate che ricorrono di più su LinkedIn e le varie piattaforme per la ricerca di impiego. Eppure Google non si fa problemi a indicarla in cima ai quattro requisiti ricercati nei candidati. Chi vi potrebbe fare un colloquio, è particolarmente interessato a capire «in che maniera il candidato ha usato muscoli diversi in situazioni diverse per mobilitare un team». Se doveste avere la possibilità di fare un colloqui,  dovreste dimostrare di aver gestito situazioni problematiche in azienda sia in qualità di responsabile designato, sia nella veste di “leader di fatto” in sostituzione di un superiore. Basta non dimenticare un piccolo dettaglio: come sottolinea Laszlo Bock, responsabile delle people operations (Hr) di Google e autore di un libro sul tema intitolato «Work rules!», la leadership emergente è la capacità di intervenire sui problemi e tornare alle proprie occupazioni quando si è esaurito il proprio compito. Le competenze legate al ruolo. Ma passiamo al secondo criterio ricercato. Google si vuole assicurare che i candidati non sfoggino solo un elenco di «skills isolate», ma un quadro completo di passioni e competenze. Ma affidarsi alla sola motivazione  non è proprio facile  se consideriamo che i vari responsabili delle risorse umane ricevono quotidianamente «tonnellate di candidature», e devono filtrare - e scartare - ogni curriculum in pochi secondi. Soprattutto per ciò che riguarda le figure più tecniche, come i già citati software engineer, il candidato deve sicuramente possedere alcune qualifiche minime come una laurea nel settore, esperienze pregresse, l'ovvia conoscenza dell'inglese, ed altre “preferenziali” : dalla conoscenza di un certo mercato pubblicitario alla padronanza dei linguaggi di programmazione utilizzati. Non a caso, nell'invio della application, la cover letter è opzionale e non obbligatoria perché «il tuo lavoro parla già per te». Capacità di pensiero. Google fonda la sua filosofia della capacità di pensiero: meglio valutare profondità e agilità del ragionamento, piuttosto che un elenco di nozioni rigide. E' sempre Bock che ci suggerisce il passo più azzeccato: la logica di fondo - scrive nel suo libro - dovrebbe essere quella di definire il candidato ideale e scegliere una risorsa che reagisca «meglio di te» a determinati stimoli. Nella pratica, le richieste possono variare molto: si va da interrogativi generici per rompere il ghiaccio (Che cosa significa per te leadership?) a richieste non proprio ordinarie, come la formulazione di algoritmi o programmi in Java. E tu, hai la Googleyness? Sempre Bock la definisce un fattore culturale, più che aziendale. Ma in cosa consiste? Stando alle sue parole, i significati sono diversi: da «una certe dose di umiltà intellettuale» all'essere a proprio agio «con le ambiguità» del mercato digitale e del suo futuro.

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