ROMA. La revisione della spesa pubblica, la spending review (per gli anglofoni) avviata in Italia da Carlo Cottarelli e ora affidata a Yoran Gutgeld, prosegue e porta risultati. Il Mef interviene il giorno dopo l'allarme lanciato dalla Corte dei Conti (i magistrati contabili parlavano ieri di «un parziale insuccesso») snocciolando i numeri forniti dalla ragioneria Generale dello Stato che riepilogano l'effetto "tagli" dal 2014 all'anno in corso. Tra i diversi provvedimenti, dal decreto 80 euro alle ultime due manovre, l'impatto complessivo calcolato è superiore ai 46 miliardi in tre anni (46,6). In realtà le somme spalmate sui tre anni non sono addizionabili perchè, ad esempio, i 18 miliardi che vengono calcolati nel 2015 già includono i 3 miliardi del 2014 che sono 'strutturalì. Non a caso il Mef parla di 'pesò delle misure. Si tratta comunque di una cifra rilevante ed 'importantè se si considera che, come deciso dal Governo, è servita a finanziare scelte di politica economica centrali nel programma. Innanzitutto il calo delle tasse. Ma si tratta pur sempre di una goccia nel mare se si considera che la spesa pubblica italiana è all'incirca 700-800 miliardi l'anno, gran parte dei quali 'razionalizzabilì sì ma non 'aggredibilì (vedi la spesa per le pensioni). Ma oltre alla 'spending' centrale il governo punta a rendere gli enti territoriali più virtuosi e in una circolare sempre della ragioneria oggi detta le regole affinchè si raggiunga quest'anno (pena multe salate) «un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali». Insomma almeno un pareggio. Tra 2014 e 2015 - rivendica il Mef - il Governo ha preso iniziative per la revisione della spesa che hanno determinato risparmi per 18 miliardi nel 2015. Queste iniziative, insieme ai provvedimenti presenti nella legge di stabilità per il 2016, realizzano risparmi per 25 miliardi di euro nell'anno in corso. Considerando anche i risparmi del 2014 (3,6 miliardi) si arriva a oltre 46 miliardi. Fondi usati dal governo - spiega il Mef - per «finanziare alcune delle misure a sostegno della crescita e dell'occupazione». «Lo spirito della spending review - scrive il Mef - (letteralmente »revisione della spesa«) consiste infatti in interventi di razionalizzazione connessi a cambiamenti dei meccanismi di spesa e degli assetti organizzativi delle amministrazioni, dall'aumento dell'efficienza della fornitura di beni e di servizi da parte della pubblica amministrazione e dall'abbandono di interventi considerati obsoleti. Questi interventi non sono semplicemente 'taglì. Come nel caso della riduzione delle centrali di acquisto da 35.000 a 35 (risultato già conseguito nel campo degli acquisti sanitari), si tratta spesso della revisione di processi complessi e consolidati».