«L’Italia ha avuto molti vantaggi dall'Euro. Che non li abbia sfruttati fino in fondo è colpa dei governi, non certo della moneta unica». Con Alessandro Stabilini, docente di diritto commerciale all'Università Statale di Milano, proviamo a fare un po' il punto della situazione. Fra quello che è stato e quello che poteva essere. Un po' narrazione e un po' arabesco.
La storia non si fa con i ma e con i se. Nessuno di noi è uno storico e allora domando: che cosa sarebbe accaduto se avessimo tenuto la lira?
«Un disastro. L'Italia ha perso la sovranità monetaria ma ha guadagnato credibilità. Adottando una politica monetaria rigorosa ha fatto dimenticare le svalutazioni che, nei decenni, avevano reso la lira inaffidabile. Il commercio estero ha avuto un boom fra il 2005 e il 2008, come ricorda l'Istat. E considerando solo le esportazioni, il periodo compreso fra il 2001 e il 2007 è stato uno dei migliori degli ultimi decenni. Tutto grazie all'euro».
Tutto qui il merito dell'euro?
«L'euro ha dato una direzione a un Paese troppo indisciplinato. Pensiamo agli ultimi quarant'anni: dallo shock petrolifero degli anni Settanta alla crisi di Wall Street nel finale degli anni Ottanta. Con l'euro l'Italia è stata protetta proprio da uno dei suoi mali maggiori, l'instabilità politica».
Però in molti sostengono che l'euro ha aggravato gli effetti della crisi: è d'accordo?
«Ma figuriamoci. Fronteggiare la peggiore crisi finanziaria dalla Seconda guerra mondiale con una moneta debole sarebbe stato un suicidio. I tassi d'interesse e i tassi di cambio sarebbero esplosi, l'Italia avrebbe dovuto svalutare diverse volte e sarebbe esplosa l'inflazione. Come ha ricordato in uno studio del 2006 il capo economista del Fondo monetario internazionale Olivier Blanchard, alcune tipologie di crisi sono ricorrenti. L'entrata dell'Italia, Paese refrattario all'austerità, nell'euro gli ha permesso di avvantaggiarsi di una riduzione dei tassi d'interesse. A questo punto, secondo Blanchard, sarebbe dovuta scattare l'espansione, molto spesso basata sul mercato immobiliare. In Italia, però, è avvenuto il contrario. Se il tasso medio di crescita nel periodo 1991-2000 era stato del 1,46%, nel periodo 2001-2007 è stato dello 0,93 per cento. Poi è diventato negativo».
Lo sviluppo non c'è stato e oggi è questa l'accusa peggiore rivolta all'euro: ha bloccato lo sviluppo dell'Italia. Concorda?
«Il problema non è l'euro ma l'incapacità dei governi. Ancora Blanchard ricorda che la mancata esplosione del Pil italiano è dovuta ad un mercato del lavoro in controtendenza rispetto al resto d'Europa. Da noi c'è stata una crescita del 14% contro il 4,5% della Germania. A questo possiamo aggiungere il ritardato avvio delle riforme.. Il Mezzogiorno è l'esempio di questa dinamica negativa. Ma non solo. La mancata adozione di politiche per l'innovazione, per la competitività e per la liberalizzazione delle professioni ha ridotto il potenziale di crescita. È stata invece permessa la crescita dell'economia sommersa come ha ricordato il presidente Mattarella».
Davvero l'euro non ha colpe di nulla?
«Come tutti i progetti, aveva delle lacune, ancora irrisolte. Debole per i Paesi forti, forte per i Paesi deboli, la moneta unica ha fallito il compito di riequilibrio tra le diverse economie europee. Le possibilità di risanamento dei conti pubblici delle nazioni più in difficoltà si sono dissolte, anche complice la poca forza sistemica della struttura di governance europea. Ma quello non è un problema dell'euro, bensì dei suoi padri. Attaccare l'euro non solo è populista, ma ipocrita. Specie se si è italiani».
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