PALERMO. «Siamo tutti evasori. Il fenomeno del sommerso riguarda infatti 24 milioni di famiglie italiane, aziende, impiegati e operai, pensionati e casalinghe, disoccupati e studenti, medici e infermieri, avvocati e notai, muratori ed elettricisti, giardinieri e badanti. Sommerso, evasione, economia criminale, sono un fenomeno invasivo che non può essere contrastato solo con la repressione. Occorre educazione alla legalità e un allentamento della pressione fiscale, un ammodernamento della macchina amministrativa, che mostri come le tasse pagate dai cittadini vengano utilizzate per produrre servizi reali. A questo dobbiamo aggiungere la sindrome del Palio di Siena, la cui regola principale è quella di impedire all’avversario di vincere, prima ancora di impegnarsi in prima persona per ottenere un risultato. È un dramma questo spreco di potenza che non permette a un Paese come il nostro, imbrigliato come il gigante Gulliver dai mille fili di una burocrazia asfissiante e da una iperproduzione di norme, leggi e disposizioni, di liberare risorse”. Questa è l’Italia di oggi, nell’analisi di Gian Maria Fara, presidente Eurispes, che commenta i dati del Rapporto Italia 2016, presentato ieri a Roma nella consueta cornice della Biblioteca Nazionale.
Presidente, partiamo dal «bubbone» antico del sommerso. Quanto pesa sulle nostre possibilità di ripresa?
«L’Italia di fatto ha tre voci di Pil: uno ufficiale di circa 1.500 miliardi di euro; uno sommerso equivalente a circa un terzo di quello ufficiale, ovvero almeno 540 miliardi; e uno criminale ben superiore a 200 miliardi. Ai circa 540 miliardi di sommerso che Eurispes ha denunciato in diverse occasioni, considerando una tassazione di circa il 50%, la somma che se ne ricava è di di circa 270 mld di evasione. Il Fondo Monetario Internazionale per gli anni 1999-2001, analizzando il sommerso in 84 paesi, segnalava per l’Italia un’incidenza del 27% rispetto al Pil. Non c’è da stupirsi se si considera che il sommerso e la conseguente evasione fiscale sono il prodotto di miliardi di piccole operazioni quotidiane compiute da milioni di nostri “onesti” concittadini».
Il Rapporto parla di un «sommerso di sopravvivenza». Cosa vuol dire?
«Significa che la crisi ha fatto sentire i suoi effetti in maniera drammatica. In questo ultimo anno, in particolare, è capitato al 28,1% del campione che abbiamo analizzato di lavorare senza contratto. Una condizione incontrata da oltre il 50% di chi è in cerca di primo lavoro, dal 29,6% degli studenti, dal 22,4% delle casalinghe e dal 13,8% dei pensionati, ma soprattutto dall’83,3% dei cassintegrati. La quota di chi invece ha svolto un doppio lavoro, nel corso dell’ultimo anno, è del 21% (19,3% ad inizio 2015). Non sempre si può parlare di lavoro in nero, ma più spesso di “doppio-lavoristi”».
Mai come ora il nostro appare spezzato. Tra Nord e Sud, ricchi e poveri, occupati e senza lavoro...
«L’Italia è un paese prigioniero delle istituzioni della burocrazia, delle carte. Un sistema siffatto scoraggia la libera iniziativa, mortifica le imprese, annichilisce i cittadini ed è incapace di mantenere i ritmi e i tempi che la modernità richiede e impone. Weber definiva la burocrazia “spirito coagulato”. Dobbiamo sciogliere questo grumo, per evitare il perdurare di forme di arroccamento e di isolamento tra i cittadini che dovrebbero essere i primi beneficiari del lavoro svolto dalla pubblica amministrazione».
Il Rapporto denuncia in particolare l’incapacità di fare sistema. L’unico nostro difetto?
«Non è l’unico, ma di certo in una società complessa, parliamo di un limite molto grave. Senza un’alleanza tra politici, sociologi, economisti è impossibile venire a capo dei tanti problemi. Già qualche anno fa il nostro Istituto aveva segnalato la difficile situazione determinata dal sovrapporsi della crisi economica, politico-istituzionale e dalla crisi sociale, una sorta di “tempesta perfetta” la avevamo definita. Oggi sembriamo esserci assuefatti al concetto di crisi multiple, dopo aver scontato nel 2008 la crisi del subprime, dell’euro e, altra novità, la crisi finanziaria cinese. E i rischi non sono finiti».
Speravamo di essere fuori dal tunnel. Troppo ottimisti?
«Non si tratta di essere ottimisti, semmai di non bisogna abbassare la guardia. Penso al fenomeno delle revolving card che negli Usa si sta diffondendo. Le banche d’Oltreoceano stanno, infatti, distribuendo a pioggia delle carte di credito che inducono i cittadini a indebitarsi sempre di più. Se dovesse esplodere questa bolla speculativa lo tsunami finanziario avrebbe conseguenze più devastanti che in passato».
Tra Italia e Ue si è arrivati a un accordo sulle sofferenze bancarie. Come calibrare il ruolo dell’Italia, in un’Europa lacerata da divisioni, in cui anche Schengen appare sotto scacco ?
«Il piano deciso a Bruxelles risulterà utile, in quanto cercherà di far fronte alle sofferenze bancarie che con il debito tengono sotto pressione l’Italia. Ricordiamoci però una cosa: l’Europa dovrà avere un’anima latina, altrimenti si sgretolerà. Non può avere un’identità sassone o slava e deve avere il suo baricentro nel Mediterraneo. Ma non dimentichiamo un altro aspetto cruciale...».
A che cosa si riferisce ?
All’asse Est -Ovest che va ripensato. L’Italia è collocata tra Russia e Stati Uniti e non può fare a meno di svolgere un mediazione tra queste due grandi aree del mondo, che devono tornare a dialogare. Abbiamo varato delle sanzioni alla Russia per tutelare una minoranza di estremisti in Ucraina, facendo del male alle nostre imprese, mentre i tedeschi hanno continuato a fare i loro affari».
Le noti più dolenti riguardano sempre il Mezzogiorno...
«I dati parlano purtroppo chiaro. Nel Mezzogiorno un particolare disagio emerge tra gli abitanti delle Isole rispetto a quelli del Sud, ma anche rispetto a quelli delle altre regioni del Paese: i primi infatti indicano un peggioramento della propria situazione economica nel 66,5% dei casi, mentre il dato del Sud si attesta su valori quasi dimezzati (34,6%). Anche un calo del potere d’acquisto è indicato più dalle famiglie delle Isole (75,8%) che da quelle del Sud (50,3%). Ma la cosa più interessante riguarda la proposta, che viene dalla maggioranza degli italiani (54,7%), di istituire, anche in via temporanea, un apposito Ministero per il Sud per rilanciare il territorio. Spesso l’opinione pubblica riesce a dimostrarsi più illuminata e più saggia di chi governa».
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