DAVOS. Le borse sono in rialzo e le banche italiane recuperano terreno dopo le maxi-perdite dei giorni scorsi. Eppure c'è una coda alla vicenda del questionario, inviato dalla Bce ad un campione di banche italiane ed europee, che aveva contribuito a innescare il crollo
verticale delle azioni di Mps o Carige.
Il tema riemerge al Forum economico mondiale di Davos, con il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan che sottolinea che «non c'è nessuna questione di fragilità» delle banche italiane posta dalla Bce, gli istituti del Paese «non richiedono interventi di aumento di capitale». Poi davanti alle telecamere della Cnn ripete: «Le banche italiane non sono deboli. Non sono preoccupato, perchè i fondamentali - assicura - restano forti».
Lo stesso Padoan, interpellato durante un dibattito pubblico sul sistema bancario italiano, lamenta non solo come i mercati abbia equivocato la lettera-questionario colpendo le banche con una pioggia di vendite. Ma anche come la sorveglianza bancaria della Bce abbia sottostimato l'impatto, devastante a Piazza Affari, quegli inevitabili equivoci.
Il presidente della Bce Mario Draghi e Padoan sono entrambi al Forum economico mondiale, dove prendono parte a dei dibattiti distinti. Per il primo è l'occasione per spegnere la polemica innescata dalla lettera, dopo aver ribadito che su una ripresa dell'inflazione dell'Eurozona c'è da essere «meno ottimisti» e per questo la Bce è pronta a usare molti strumenti e con molta determinazione: probabilmente agirà a marzo. «C'è stata un pò di confusione nel mio Paese» in merito alle banche, dice poi, suggerendo che quel documento è stato male interpretato. Quel questionario era stato mandato «a diverse banche» non solo italiane (e dunque non pubblicato dagli istituti ma verosimilmente, sembra di leggere dietro le sue parole, fatto trapelare da qualche istituto) con l'unico obiettivo di analizzare le diverse gestioni nazionali dei crediti deteriorati. «Nulla di più», Draghi scandisce lentamente, parola per parola.
Padoan, parlando con i giornalisti a margine dei lavori del Forum, non risparmia una critica: il crollo delle banche è nato «per una gestione della comunicazione meno che efficiente da parte di alcune istituzioni europee, sono stati equivocati alcuni segnali come ha ammesso la Bce». E poi, di fronte al pubblico del suo panel: «forse c'è ancora bisogno di comprendere cosa significa quando un'istituzione non mette pienamente in conto le implicazioni di un'interpretazione alla lettera» di semplici istruzioni alle banche. Il riferimento è al consiglio di sorveglianza della Bce presieduto dalla francese Danielle
Nouy.
Dal quale l'Italia, evidentemente, si sarebbe attesa un chiarimento immediato dopo le voci, circolate domenica, di azioni imminenti di Francoforte verso alcuni istituti italiani.
Chiarimento arrivato, con parole definitive, solo ieri nella conferenza stampa di Draghi (che comunque Padoan ha oggi apprezzato) dopo una prima metà di settimana campale in borsa nella quale dalla Bce erano arrivate precisazioni informali. Lo stesso Benoit Coeurè, braccio di destro di Draghi nel consiglio esecutivo Bce presente anche lui nel panel con Padoan, spiega che il questionario «non mette in dubbio le stime sui crediti deteriorati», per l'Italia 350 miliardi di euro di prestiti dubbi, ma piuttosto va a verificare se le banche
europee stiano efficacemente gestendoli.
A Davos, Draghi e Padoan hanno anche sostanzialmente convenuto (separatamente) sul fatto che la gestione dei crediti deteriorati non può essere fatta dall'oggi al domani. Anche se
Padoan, incalzato durante il dibattito, ha riconosciuto che la bad bank per liberare i bilanci degli istituti di credito si sarebbe potuta fare prima. «L'avrebbero dovuta fare i governi
allora in carica. Non stiamo lavorando il più veloce possibile».
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