PALERMO. Il tema della corruzione nella sanità è complesso, e va letto sotto diversi punti di vista. Perché quando il diritto si incrocia con la medicina tutto diventa più complicato: nelle indagini bisogna avere una visione giuridica ma anche di tecnica medico -scientifica. La complessità di indagini in questo campo è legata anche alla parcellizzazione dei centri di spesa. Ecco perché la sanità presenta alcune vulnerabilità...». Il generale Ignazio Gibilaro, comandante regionale della Guardia di Finanza, ha davanti a sé il quadro complessivo delle indagini svolte negli ultimi anni. Commenta a grandi linee il report delle inchieste svolte tra il 2014 e il 2015, dati pubblicati pochi giorni fa da questo giornale: sono stati individuati 190 soggetti responsabili di condotte penalmente rilevanti per una spesa irregolare di circa 187 milioni di euro.
Generale Gibilaro, a che punto è la lotta contro la corruzione in Sicilia?
«Passi avanti ne sono stati fatti, e sono stati tanti anche in Sicilia. Sono passi incrementati anche dal fatto che sono diminuite le risorse e quindi sono diminuiti i margini per le utilità improprie. Ma sono anche aumentate le segnalazioni da parte di chi non ci sta a vedere morire un'azienda per colpa di un atto di concorrenza scorretta».
Possiamo dire che oggi in Italia stiamo vivendo un periodo di corruzione -record?
«Le statistiche non mi piacciono molto, anche perché se in un paese dell'Unione Europea un fatto non è definito come reato, ein Italia sì, ecco che i dati statistici sono parziali... Direi quindi che oggi siamo in un momento di forte crisi economica, da cui speriamo di uscire presto, che ha esasperato gli operatori economici. C'è più sensibilità a non accettare il furbo o il delinquente. E c'è un aumento dello sdegno sociale come momento di crescita culturale. Tutte condizioni per un maggior rifiuto del fenomeno corruttivo».
Il vostro report sulla sanità offre uno spaccato parziale dell' attività della Guardia di Finanza. Vi occupate di altro in Sicilia...
«Stiamo indagando molto sull' acquisizione indebita o illecita di erogazioni pubbliche destinate alla crescita, allo sviluppo, all' energia, al sociale e alla formazione. E abbiamo verificato molti casi in cui sono stati creati soggetti economici per attingere i finanziamenti: nascono, e sono concepiti, solo per incamerare risorse pubbliche dell'Unione Europea, dello Stato, della Regione e dei Comuni».
La vostra attività- è la cifra tipica della Guardia di Finanza - agisce principalmente sui numeri...
«Per le indagini sul versante economico-finanziario siamo anche polizia giudiziaria a supporto delle procure ordinarie e della Corte dei Conti: l'altra faccia della corruzione, o della cattiva gestione del denaro pubblico, è infatti il danno erariale. La legge, in quest'ultimo caso, prevede il diritto di rivalersi sui funzionari o suipubblici dipendenti che provocano un danno doloso o gravemente colposo nell'uso distorto delle risorse pubbliche. E in Sicilia la Guardia di Finanza ha un rapporto di sinergia all'avanguardia con le procure ordinarie e con quella della Corte dei Conti: un'indagine che non punta a verificare il danno erariale procurato è infatti monca. Ed è una sintonia maturata dal vissuto della lotta contro la mafia, che in Sicilia si esplica con confische e sequestri».
Come si utilizza la forza della vostra "intelligence" nelle indagini sulla corruzione?
«Abbiamo analisti che leggendo i dati economici o societari, grazie ai protocolli di collaborazione firmati con diversi enti, sono in grado di dare gli "alert" su possibili indicatori di sospetto. Alcuni "alert" sono i dati storici e cronologici di chi partecipa ad un appalto, come quelli che fanno ricondurre l'appartenenza di un soggetto alla criminalità organizzata.Oppure: se ad una gara partecipa un soggetto che da 5 anni è in perdita o ha criticità che rendono difficile la sua sopravvivenza alle logiche del mercato, è un "alert" che ci fa pensare: si può essere di fronte a un figurante che partecipa solo per fare aumentare in modo fittizio i numeri dei concorrenti ad una gara dove il vincitore è già deciso. O ancora: se c'è una società nata da poco dove si verifica una veloce migrazione di soggetti economici, numerosi cambi di sede legale o la presenza di chi ha precedenti fiscali per fatturazione falsa, c'è qualcosa che non va...».
Sul fronte della lotta al malaffare in Italia è capofila l'Agenzia diretta dal magistrato Cantone? Effetti concreti?
«Sono aumentati i soggetti chiamati a redigere il piano anti-corruzione, è un passo avanti. Si procede con molta fatica, ma siamo sulla strada giusta. Ecco perché è sempre più sbagliato il luogo comune di chi dice "tanto nessuno controlla...". I fatti stanno dando un contributo per poter dire: "Non è vero, i controlli stanno crescendo anche in termini qualitativi". Il nostro sforzo è quello di non interferire con l'azione dei corretti e avere più attenzione con gli scorretti. Sono aumentate le collaborazioni di chi percepisce che chi corrompe fa danno ai competitori corretti. Le associazioni di categoria, a volte con difficoltà e tentennamenti, hannoimboccato la direzione giusta. Le attività con il baco dell'illegalità non hanno prospettiva di vita».
Con l' Anac che tipo di rapporti avete?
«La Guardia di Finanza ha un nucleo speciale anti corruzione che collabora e dialoga con l' Anac: lo definirei, quindi, un rapporto di lavoro intenso».
C' è anche il tema di strettissima attualità delle indagini sul terrorismo.
«Indaghiamo da tempo sul fronte del finanziamento al terrorismo. In Sicilia - perché dobbiamo ricordare che siamo anche un corpo con compiti di vigilanza delle frontiere, monitoriamo porti ed aeroporti. E dobbiamo intervenire spesso associando l'aspetto umanitario con il monitoraggio sulla sicurezza. Da noi finora non risultano arrivi di terroristi, ma il Mediterraneo è un'autostrada attraverso cui passa di tutto. Un esempio? Nell'ultimo anno e mezzo abbiamo fermato 10 imbarcazioni adibite al trasporto di stupefacenti ed arrestato 89 soggetti, componenti dei rispettivi equipaggi. Abbiamo sequestrato oltre 157 tonnellate di marijuana e hashish e circa 120 chili di cocaina».
Torniamo alla sanità, alla difficoltà di indagare sui casi di corruzione...
«Diritto e scienza medica hanno logiche diverse che vanno conciliate. È difficile indagare in tema del corretto andamento della spesa sanitaria dovendo pronunciarsi su protocolli medici, su esigenze e pratiche sanitarie, utilizzando precetti normativi tipici del diritto. C' è un caso recente di cui ci siamo occupati: quello di prescrizioni in numero elevato, da parte di medici di base catanesi, di farmaci per la cura dell'osteoporosi. Ecco, è uno dei temi che riguardano la corruzione e la sanità. Il problema è riuscire a definire le responsabilità della decisione delle terapie. Conciliare le esigenze del diritto e della scienza medica non è facile, ma segnalare un fenomeno è utile per adeguare norme e protocolli».
La creazione di un "pool di investigatori" che si dedichino solo al tema della corruzione nella sanità potrebbe essere una svolta?
«La specializzazione degli investigatori è una risorsa, ma se diventa una parcellizzazione si trasforma in handicap. Abbiamo ottimi investigatori per l' analisi dei flussi di denaro. E siccome ogni filone richiede una grande capacità di adattamento, direi che no, un' eccessiva specializzazione non sarebbe utile».
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