ROMA. La Svizzera ha bloccato la vendita dei veicoli diesel del gruppo Volkswagen coinvolti nello scandalo dei test. Lo riporta Bloomberg citando Fedro, l'ufficio federale della viabilità elvetico. Le macchine già vendute e immatricolate non sono colpite dal provvedimento, che riguarderebbe circa 180.000 veicoli.
Daimler disponibile a collaborare per controlli - Con una nota ufficiale Daimler AG ha smentito qualsiasi possibile coinvolgimento nella vicenda Volkswagen, ha affermato la propria disponibilità ''a fornire qualunque veicolo per eventuali test'' e la propria volontà a ''lavorare in stretto contatto e in maniera costruttiva con le autorità tedesche, europee e statunitensi''. Inoltre, il gruppo tedesco ha ribadito il suo pieno sostegno attivo sia in patria sia a livello europeo per lo sviluppo di nuovi metodi di prova per misurare le emissioni ''che siano basati su condizioni di guida reali''. Nel comunicato si preannuncia anche la valutazione della possibilità di adire a vie legali nei confronti dell'organizzazione non governativa Deutsche Umwelthilfe (DUH). Questa con le sue richieste inoltrate in mattinata aveva creato sospetti circa la correttezza dei dati relativi ai motori del gruppo. Nel ricostruire la vicenda Daimler ha chiarito di aver ricevuto in mattinata dalla DUH sette domande di chiarimento sulle emissioni dei propri motori. Il gruppo respinge nuovamente e ''categoricamente l'accusa di aver manipolato i test sulle emissioni''. Non solo afferma di non avere mai utilizzato metodi per alterare le emissioni ma che ''non verranno mai impiegati da Daimler. Questo vale sia per i motori benzina sia diesel. I nostri motori soddisfano e rispettano ogni obbligo di legge''. Infine conferma di ''non essere a conoscenza di controlli che indichino che i nostri veicoli non soddisfino gli standard previsti dalla legge''.
Mueller nuovo Ceo Volkswagen, 'disastro morale e politico' - Un "disastro politico e morale", un "danno enorme causato da un piccolo gruppo" di manager. Il mea culpa di Volkswagen, recitato dal presidente ad interim e sindacalista Berthold Huber, arriva mentre il gruppo di Wolfsburg ufficializza la nomina a nuovo Ceo di Matthias Mueller, incaricato di fare pulizia e rilanciare il marchio di Wolfsburg. "Abbiamo di fronte una sfida senza precedenti", ma "possiamo superare e supereremo questa crisi", promette Mueller dopo la nomina con cui succede a Martin Winterkorn, che si è preso la responsabilità oggettiva del 'Dieselgate'. E' un manager 62enne energico e veterano del gruppo, i cui quattro anni alla guida di Porsche ne hanno fatto balzare gli utili del 62%. Ma l'onda dello scandalo dei test truccati sulle emissioni nocive è lunga, e né le scuse, né le teste cadute e la riorganizzazione manageriale annunciata oggi riescono a contenerla: il dipartimento di Giustizia statunitense apre formalmente un'inchiesta che si annuncia pericolosissima per la casa automobilistica tedesca, visto che Washington cita "potenziali implicazioni sulla salute pubblica e l'inquinamento". Mentre recuperano Bmw (+4%) e Fca (+3,26%), Volkswagen segna un'altra caduta in borsa, -4,32%, che porta a un pesantissimo -34% le perdite subite dall'inizio della settimana, quando il Dieselgate è esploso.
Il valore del prestigioso marchio Vw, secondo Brand Finance, si è già ridotto di 10 miliardi di dollari: un colpo all'immagine che si ripercuoterà sulle vendite e che tocca lo standing della stessa Germania, dove Volkswagen rappresenta un'istituzione storica ed è partecipata dallo stato di Bassa Sassonia. Persino la Bce prende nota, sospendendo, secondo la Reuters, gli Abs garantiti da prestiti auto targati VW. Non è un caso il cenno al "disastro politico" dei vertici del gruppo, una piaga su cui mette il dito anche il presidente della Bundesbank Jens Weidmann che parla di un Made in Germany "compromesso". e dall'Italia il premier Matteo Renzi parla di una "truffa" da punire "severamente". La Svizzera si muove subito e con i fatti, sospendendo le vendite delle vetture sospette. Negli Usa gli avvocati si fregano le mani di fronte alle possibili class action, 27 Stati americani si preparano a fare causa e l'agenzia per la protezione ambientale (Epa) preannuncia una stretta antismog, mentre l'Europa, rallentata dalle tipiche divisioni, con gli enti di omologazione ancora divisi per nazionalità e standard che avrebbero tollerato le emissioni riscontrate negli Usa, cerca di fare il punto in vista del Consiglio sulla competitività di giovedì. Ammesso che lo scandalo non si allarghi (in molti denunciano trucchi diffusi fra le altre case automobilistiche), i danni che emergono a carico della sola Volkswagen in Europa si preannunciano elevati. E' Berlino a far sapere che, nella sola Germania, 2,8 milioni di veicoli sono stati manipolati per passare i test, e che oltre ai diesel a 1.6 e due litri sarebbero coinvolti anche gli 1.2, come la Polo, e alcuni furgoni leggeri.
I sindacati, che siedono nel consiglio di sorveglianza di VW si disperano e il capo del consiglio di fabbrica Bernd Osterloh chiede un "cambio culturale fondamentale" all'insegna della trasparenza. Ma intanto emerge che gli aspetti chiave dei test taroccati' condotti negli Usa erano gestiti direttamente dai manager del gruppo VW in Europa, che in caso di mancato via libera a un modello inviavano negli Usa i loro ingegneri: secondo Bloomberg stanno per essere fatti fuori Ulrich Hackenberg, capo dello sviluppo in Audi, e Wolfgang Hatz, della Porsche. Intanto parte una riorganizzazione del top management: Michael Horn, presidente e Ceo per gli Usa che si era detto pronto a lasciare, resta al suo posto ma ora riporterà a un capo per il Nord America, Winfried Vahland, proveniente da Skoda. Lascia il capo marketing Christian Klinger (per motivi che la casa dice non essere collegati agli ultimi eventi) e l'italiano Luca De Meo, ex manager Fiat, diventa responsabile per la Seat.
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