Le aree industriali non sono che lo specchio dell' economia reale siciliana. Che sicuramente non gode di ottima salute.
Basta prendere gli ultimi dati elaborati dalla Fondazione Res nel report dello scorso luglio, per avere chiaro il quadro. Abbiamo registrato, in alcune aree, dal 2007 una flessione del nume rodi imprese attive pari al 16 per cento». Lo afferma Nino Salerno, vicepresidente di Confindustria Sicilia.
«Abbiamo grandi potenzialità ma soprattutto, un settore come quello manifatturiero - dice Salerno-, in grado di produrre valore aggiunto sia come occupazione, che come know how e fiscalità. Ma non solo, ci sono anche delle realtà imprenditoriali che, grazie all' innovazione, all' apertura verso altri mercati e alla creazione di nuovi prodotti, si stanno affermando».
Da Palermo a Catania, qual è al momento la situazione degli insediamenti industriali?
«Da un punto di vista territoriale le province più colpite dalla crisi appaiono quelle di Agrigento, Trapani, Caltanissetta, Enna e Catania, che dal 2007 hanno registrato flessioni nel numero di imprese attive comprese fra il 16 e il 9%. Più stabili, sempre secondo la Fondazione Res, sono Ragusa, Siracusa e, in misura minore, Palermo e Messina, queste ultime caratterizzate da una maggiore presenza pubblica nell' economia. Ma, al di là dei numeri, ciò che occorre comprendere èche gli ultimi 10 anni hanno portato a enormi cambiamenti al vecchio modello d' impresa. Non voglio più parlare di crisi. Quello che è successo all' economia mondiale è una vera e propria transizione, enormi energie che stanno cambiando il mondo. Chi pensa che ci sia la crisi ha un atteggiamento attendista, perché aspetta che passi, cercando solo di parare i colpi. Invece bisogna organizzarsi per anticipare i cambiamenti. Solo così sarà possibile tornare a far crescere il "contenuto", ossia le imprese, delle aree industriali, che altro non sono se non un contenitore».
Quali sono i settori che vanno bene?
«Il dato più evidente è legato al settore del turismo: quest' anno ha avuto un' impennata in positivo. Un dato che non deve spingere nessuno ad abbandonare il campo o a rilassarsi. Questo incremento è, infatti, anche il frutto della mancanza di presenze nei mercati nordafricani. Tanta gente ha modificato la meta dei propri viaggi. Ed è così che di riflesso Marocco, Tunisia hanno avuto una battuta di arresto. Il settore del turi smo in Sicilia va incentivato. A parte il turismo, quindi, che come detto ha fatto registrare un trend positivo dopo anni di dati altalenanti e nonostante gli enormi problemi infrastrutturali, sta continuando quel processo di selezione industriale e produttiva che ha portato alla crisi delle produzioni più tradizionali e marginali e alla sostituzione di queste ultime con una nuova manifattura competitiva e in crescita. In particolare, i settori che in questi anni sono riusciti a resistere sono senz' altro l' agroindustria, l' Ict, il settore medicale e la meccanica di precisione. Il comune denominatore? La capacità di innovare processo e prodotti».
Quali sono i loro punti di forza?
«Le imprese che, in questi anni, sono riuscite non solo a resistere, ma addirittura a crescere sono quelle che hanno saputo innovarsi e guardare a nuovi mercati. Noi imprenditori dobbiamo avere chiara una cosa: siamo di fronte a un mondo diverso, nel quale è cambiato il modo di produrre, dove non ci sono più mercati protetti, ma c' è un unico mercato globale. Ed è a questo mercato che dobbiamo rivolgerci, tornando ad essere competitivi. D' altronde abbiamo la necessità di intercettare ricchezza dai mercati esteri per tornare a dar linfa ai nostri. E l' unico strumento per centrare l' obiettivo è quello di puntare sulla manifattura che, in Sicilia, è il settore che ha sofferto di più. Un dato su tutti: dal 2008 ad oggi il manifatturiero ha perso nell' Isola il 26 per cento contro un meno 2 per cento del settore pubblico. È chiaro che così non si va da nessuna parte. La riflessione che offriamo alla politica è questa: perché non reimpostare le politiche industriali a sostegno degli investimenti, individuando una traiettoria di sviluppo e concentrando le risorse su ciò che produce valore aggiunto? Solo così, infatti, sarà possibile far ripartire la macchina».
Quali settori invece arrancano e perché?
«Di certo non è un bel momento per il settore delle costruzioni che, secondo i dati Bankitalia, ha perso nel 2014 il 6,6 per cento del valore aggiunto, confermando un trend negativo che va avanti già da diversi anni. Le motivazioni sono da rintracciare oltre che nella crisi del mercato immobiliare, anche e soprattutto, nella contrazione del comparto delle opere pubbliche. Si fanno i conti anche con una eccessiva burocrazia delle autorizzazioni, dei via libera per mettere in piedi i lavori».
Che fase storica sta attraversando il mondo industriale nell' Isola?
«Sicuramente una fase di riorganizzazione e, come le dicevo, di selezione naturale. Il futuro è nelle mani di chi è capace di migliorare l' offerta restando competitivo. E su questo fronte qualcosa in Sicilia sta cambiando».
La Sicilia può costituire un' opportunità per gli investitori e per il mondo industriale?
«Senz' altro. Non è un caso che, in occasione dell' ultima missione organizzata dalla Regione siciliana in collaborazione con la rete europea Enterprise Europe Network, di cui Confindustria Sicilia è partner, imprenditori cinesi abbiano richiesto incontri BtoB (business to business) con imprese siciliane del settore hi -tech.
Non più solo agroalimentare, dunque, ma una Sicilia riconosciuta anche per innovazione e ricerca tecnologica».
Su quali ambiti si può ancora scommettere in Sicilia?
«Non voglio stilare classifiche. Di certo però posso dire che se vogliamo far ripartire l' economia è necessario puntare in generale sul manifatturiero, unico settore capace di produrre valore aggiunto e lasciare ricchezza sul territorio, in termini di occupazione, know how e fiscalità».
Dal punto di vista degli industriali, quali sono le priorità per riportare l' Isola ad essere competitiva?
«Innanzitutto occorre ridare fiducia agli imprenditori perché tornino ad investire. Ma per raggiungere questo obiettivo è necessario far diventare una realtà ciò che chiediamo da sempre: tempi e regole certe sugli investimenti; iter burocratici snelli; informatizzazione dei processi, così da evitare il più possibile qualsiasi forma di intermediazione; dotazione infrastrutturale materiale e immateriale che permetta alle nostre imprese di competere alla pari con il resto del mondo».
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