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Polito: «Ora meno tasse e meno Stato per favorire la ripresa economica»

Alla prima di Cernobbio dopo il gran rifiuto dell' estate scorsa, Matteo Renzi ha colorito i temi della crescita nazionale di quelle metafore suadenti che i cronisti adoperano per arroventare la temperie degli eventi sportivi più attesi. L' Italia ha pedalato in questi mesi fino a rientrare in gruppo, ma non si accontenta di un buon piazzamento in cronoscalata. L' obiettivo, ha chiarito il premier con baldanza propria di un manager dell' Astana, è quello di riportare il Paese in maglia rosa. «La soddisfazione per essere rientrati in gruppo è condivisibile», annota il vice direttore del Corriere della Sera, Antonio Polito. «Ma è pur vero che il recupero è avvenuto anche perché il resto dei corridori è lento. Un dato - obietta l' editorialista - che autorizza una gioia misurata».

Il premier ha sostenuto che l' Italia non è più un problema europeo. Tesi condivisibile?
«Certamente Renzi ha ragione nel dire che il Paese non è più il problema economico dell' Europa. Ma è fuori di dubbio che l' Italia resta un bel problema per se stessa. I fronti aperti nel nostro Paese restano molti e irrisolti. In quest' ultimo trimestre abbiamo avuto una crescita pari aquella di altri Paesi europei, e nel caso della Francia addirittura superiore. Ma questo non è motivo di conforto, perché si tratta di un sorpasso al ribasso. L' intera Europa è in frenata. Per la nostra economia che vive di esportazioni non è una bella notizia».
Renzi ha spiegato che i dati sul Pil non sono esaltanti, ma restano comunque positivi.
«In termini assoluti la nostra crescita rimane troppo compassata. Seppure i dati sembrino confermarsi in linea con le previsioni del governo, quest' anno cresceremo dello 0,7 per cento, o forse qualcosa di più. Non abbastanza per riassorbire tutta la disoccupazione che si è creata nei sette anni di crisi precedenti. Rispetto al 2008 abbiamo perso circa dieci punti di Pil pro capite. Per tornare ai livelli pre -crisi, occorre un altro tipo di passo».

Il presidente del Consiglio ha posto l' accento sul Jobs Act. Ha già prodotto risultati incoraggianti?
«Una riforma che rendesse più flessibile il mercato del lavoro era necessaria da tempo. Bisogna riconoscere a questo governo il merito di averla realizzata, nonostante i ripetuti veti sindacali. Pretendere di creare nuovi posti di lavoro per decreto era ed è irragionevole, ma va salutato comunque con soddisfazione il fatto che molti lavoratori siano stati stabilizzati. È opportuno che le de contribuzioni siano prorogate anche il prossimo anno.
Trovare le coperture per rifinanziarle è indispensabile».

Ci sono abbastanza indicatori positivi per dire che siamo usciti da quel famoso tunnel di cui parlò Mario Monti?
«Siamo usciti dalla recessione. C' è da esserne contenti. Ma va detto che una crescita dello 0,7 per cento in un momento in cui la Banca centrale europea pompa soldi nel sistema, il prezzo delle materie prime è in ribasso, e la ripresa americana sostenuta, non ci autorizza a levare i calici. Intorno a noi ci sono condizioni ottimali. Ma non riusciamo a coglierle appieno a causa di problemi strutturali che non sono imputabili al governo Renzi».

A che cosa si riferisce?
«La nostra economia ha un tasso di accelerazione limitato: cade più delle altre nei periodi negativi, e rimbalza più faticosamente verso l' alto, quando il trend torna positivo».

Renzi ha confermato il taglio delle tasse. Sarà questa la chiave per una ripresa meno timida?
«Non c' è niente di più efficace che tagliare le tasse che gravano su imprese e lavoratori, per ridare ossigeno a un Paese come il nostro. È di sicuro un' iniziativa encomiabile, ma realizzarla richiede un congruo taglio delle voci improduttive della spesa pubblica per recuperare le risorse. Meno Stato, più ripresa economica».

Si riusciranno a trovare le coperture necessarie per sgravi tanto importanti?
«La fattibilità del piano dipende dal taglio della spesa improduttiva. C' è da auspicare che le tasse non vengano tagliate in deficit. Bisogna approfittare del periodo favorevole per riportare i conti sotto controllo».

L' anno prossimo sarà abolita la Tasi. Era il taglio più urgente?
«Si parte dal taglio delle tasse sulla casa per ragioni di consenso, ma anche per motivazioni psicologiche. Non è il taglio fiscale più vantaggioso per la ripresa economica, ma è comunque un inizio».
Oggi non si è parlato però di piano per il Sud.

Troppo presto?
«Penso che sul Mezzogiorno non ci sia ancora niente di sostanziale. Il Sud ha bisogno di investimenti pubblici, e gli unici a disposizione sono quelli europei che vanno cofinanziati dallo Stato con importi di quasi eguale misura. Affinché si possa dare seguito alle promesse, occorre prima raggiungere uno dei più grandi obiettivi di flessibilità da conseguire in Europa: ottenere che i cofinanziamenti non vengano computati nel deficit, come già avevano tentato di fare il governo Monti e quello Letta».
Infine i migranti. Renzi ha rivendicato che l' Italia ci aveva visto lungo.
«Italiani e greci hanno avuto davanti agli occhi il dramma dell' esodo dei rifugiati. Siamo stati i primi a subirne la pressione e a indicare una strada europea per tentare di fa fronte al fenomeno. La Germania ha finalmente aperto gli occhi. Oggi la rete ha diffuso immagini di tedeschi che accolgono i profughi in stazione con applausi e pasticcini, mentre risuona l' Inno alla Gioia a Monaco di Baviera. La pressione alla frontiera balcanica ha davvero prodotto un cambiamento epocale».

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