Gli imprenditori stranieri tornano ad investire in Italia (ma poco al Sud). Infatti nel 2014 gli investimenti diretti esteri nel nostro Paese ammontavano a 281,3 miliardi di euro. Rispetto al 2013, sono aumentati di 9,5 miliardi, pari ad un incremento percentuale di 3,5 percento. Nessun altra nazione ha conseguito un risultato migliore. Tra tutti i Paesi dell' area euro solo l' Italia, la Slovenia (+3,5%) e la Finlandia (+2,2%) hanno conseguito un risultato positivo. I dati sono stati resi noti dalla Cgia su dati Onu. A Stefano Cingolani, giornalista, scrittore ed esperto di temi economici abbiamo chiesto le ragioni di questo aumento.
Che idea si è fatta di questo incremento degli investimenti stranieri in Italia?
«Credo che il dato della Cgia vada esaminato con attenzione. Perché una cosa sono gli investimenti finalizzati a creare una nuova attività. Un' altra invece le operazioni finalizzate a rilevare attività già esistenti. Le motivazioni sono molto differenti».
Ci aiuta a capire qual è la differenza?
«Molto semplice. In Italia ci sono fantastiche aziende, con tecnologia, mercato, grande management che fanno gola agli stranieri. Operano soprattutto nel settore della moda o dell' agro -alimentare. Costano poco perché la crisi ha depresso i valori. In genere fanno capo a proprietà familiari che non hanno più voglia di rischiare oppure gli eredi preferiscono monetizzare. Per una multinazionale sono bocconi prelibati che vengono spazzati via in un attimo quando si diffonde la voce che sono in vendita. Poi ci sono i cinesi che stanno comprando a man bassa perché sono interessati alla tecnologia occidentale. Il caso più evidente è quello della Pirelli in questi giorni».
Per il resto?
«Per il resto l' andamento degli investimenti stranieri è molto deludente. Esattamente come quelli delle aziende italiane perché risentono della debolezza del Pil. La situazione rimane allarmante. Con un misero 17,4%, anche nel 2014, così come è avvenuto dall' inizio della crisi, l' Italia è in coda alla graduatoria europea. Solo la Grecia registra una situazione peggiore della nostra (8,5%)».
Quali sono le cause che limitano o allontanano gli investimenti stranieri in Italia?
«Le solite. L' eccessivo peso delle tasse, le difficoltà legate ad una burocrazia arcaica e farraginosa, la lentezza della giustizia civile, il ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali, il deficit infrastrutturale e il basso livello di sicurezza presen te in alcune aree del Paese come il Sud. Inutile dire che se queste sono le ragioni che rendono il nostro paese poco attrattivo pensate in che condizioni operano gli imprenditori italiani che nonostante ciò continuano a credere nelle proprie attività, ad investire nel futuro e a dare lavoro a milioni e milioni di italiani».
Le riforme fatte dal governo dovrebbero aver migliorato la situazione. Non crede?
«Ora vediamo. I dati della ricerca si riferiscono al 2014 quando ancora molte misure non c' erano. Basti pensare al jobs act e alla riforma della pubblica amministrazione. Vedremo nel 2015 anche se non credo ci sia da farsi molte illusioni. Prima di riaprire il rubinetto degli investimenti in nuove attività i capitali stranieri vorranno controllare l' efficacia delle novità. Nel frattempo continuano a comprare pezzi importanti del nostro made in Italy. Nel settore della moda, dei servizi, delle comunicazioni e dei trasporti, molti marchi storici sono finiti sotto il controllo degli investitori stranieri. Se que ste acquisizioni non daranno luogo a una fuga all' estero delle attività progettuali e produttive di questi nostri brand, tutto ciò va salutato positivamente. Purtroppo, l' internazionalizzazione dell' economia che stiamo vivendo da almeno 20 anni si manifesta e prende sempre più forma anche in questo modo».
Da dove vengono i capitali che investono nel nostro Paese?
«La provenienza dei flussi in entrata nel nostro paese sono stati il Lussemburgo (39% del totale), la Francia (20,8% del totale) e il Belgio (12,4% del totale). È chiaro che gli investitori lussemburghesi sono riconducibili alle multinazionali con sede nel Granducato che da tempo beneficiano della fiscalità di vantaggio concessa alle imprese da questo Paese».
Quali sono le aree dove si indirizzano gli investimenti?
«A livello territoriale è il Nordovest l' area che riceve il più alto numero di investimenti. Nel 2013, ultimo anno in cui i dati sono disponibili per ripartizione geografica, il vecchio triangolo industriale ha "attratto" il 65% circa degli investimenti totali.
Seguono il Centro (18,5% del totale), il Nordest (13,8%) e il Sud (2%)».
Il Sud sempre escluso.
«Come volete che il meridione possa essere interessante per il capitale straniero. Già il problema della criminalità rappresenta un ostacolo immenso. Poi ci sono i difetti dell' Italia, che diventano ancora più grandi. Non solo non funzionano la pubblica amministrazione, la giustizia e il resto ma anche il livello dei servizi appare assolutamente carente. Per rimediare servirebbe un piano gigantesco di investimenti pubblici. Ma viste le condizioni della finanza statale è difficile immaginarli. Così alla fine tutto resta come prima e il sud è condannato».
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