MILANO. «Da un lato bisogna intervenire con la contrattazione, dall'altro bisogna cambiare la legge Fornero. Abbiamo avanzato insieme a Cisl e Uil proposte, a partire dall'età pensionabile, così da creare spazi occupazionali per i giovani». Intervistata dal Corriere della Sera, la leader della Cgil Susanna Camusso si dice in disaccordo con il ministro del lavoro Giuliano Poletti: «Proporre che si vada in pensione prima ma decurtando l'assegno significa non sapere di che redditi si dispone in Italia e quali pensioni si preparano per il futuro». «Bisogna contrastare la povertà ma non dando qualche soldo e lavandosi la coscienza. Serve un percorso d'inclusione, abbiamo avuto incontri con Poletti sulle proposte sull'alleanza per la povertà ma abbiamo visto un taglio diverso nelle ipotesi di Palazzo Chigi. Andare in pensione a 67 anni - sottolinea Camusso - non va bene e per certi lavori, come l'edilizia o i trasporti, è impossibile. Serve un meccanismo di flessibilità che però non penalizzi i trattamenti».
«Abbiamo già scambiato la flessibilità in Europa con le pensioni e i diritti dei lavoratori, a partire dall'articolo 18. Andiamo avanti?». Per le risorse necessarie, «dobbiamo per forza togliere la tassa sulla casa? E poi, non possiamo ridefinire una progressività fiscale e fare una vera lotta all'evasione incentivando, ad esempio, la moneta elettronica?», dichiara Camusso. «Togliamo la Tasi a chi ha solo una casa, ma a chi ne ha più d'una o ha immobili di pregio, no. E poi perchè a regime dobbiamo rimanere con due sole aliquote Irpef? È iniquo. La nostra Costituzione- evidenzia - postula un sistema progressivo che due aliquote non potranno mai soddisfare». Sulla decontribuzione, «il difetto di quella misura è che non è stata collegata all'occupazione aggiuntiva. Se fosse prorogata, e andrebbe fatto, bisognerebbe modificarla in questo modo», afferma Camusso, secondo cui «sul piano dell'occupazione l'autunno rischia di portare delle brutte sorprese». Quanto alla contrattazione aziendale, «mi sembra un'idea un pò ardita che il governo intervenga a piè pari su un tema che è terreno delle parti sociali. Diverso è che dia universalità a quello che hanno già definito le parti sociali, con gli accordi sulla rappresentanza e le regole per l'approvazione dei contratti già siglate con le controparti. Non serve una legge - conclude - bastano le intese».
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