«Per rendere più efficiente la burocrazia regionale, bisogna riorganizzare gli uffici premiando il merito». Salvatore Siragusa, capogruppo all’Ars del Movimento 5 Stelle, si dice favorevole alla proposta di una riforma della pubblica amministrazione siciliana, lanciata dal leader dell’Udc Gianpiero D’Alia sul Giornale di Sicilia, in seguito al nuovo caso di un atto di interpello per il personale regionale che non ha fatto registrare le adesioni sperate. Siragusa, però, pone delle condizioni: «Occorre valorizzare il merito e chi ha volontà di fare le cose, ma anche agevolare il turn-over nell’amministrazione».
L’ennesimo atto di interpello che rischia di andare a vuoto ripropone il problema della necessità di ridistribuire i dipendenti regionali negli uffici. L’Udc propone una riforma della pubblica amministrazione per rendere obbligatori gli spostamenti. Lei che cosa ne pensa?
«Ci vuole un processo di ricostruzione di quella che è la parte amministrativa e gestionale ma anche politica della Regione, cambiando la base su cui ruota tutto. Bisogna incentivare la voglia di fare e premiare il merito. Bisogna realizzare una nuova struttura amministrativa incentrata su questi aspetti. La trazzera che abbiamo realizzato è un esempio di voler fare qualcosa mentre in Sicilia tutto attorno resta immobile. Quindi, quello che manca è la volontà di fare le cose. Serve, dunque, una riforma della pubblica amministrazione siciliana, una riorganizzazione che sia basata sul merito».
Sareste disponibili a un dialogo con tutte le forze politiche sulla riorganizzazione dell’apparato amministrativo regionale?
«Noi siamo sempre disponibili a dialogare con tutti laddove per dialogo si intenda andare in Aula e discutere nelle sedi competenti quelli che sono i temi della legge, confrontandosi con tutte le parti in causa per scrivere un testo e votarlo. Su questo non ci siamo mai tirati indietro in nessun momento. Se dialogare invece significa accordarsi per spartirsi determinati benefici non siamo disponibili».
Un piano dell’assessore Baccei aveva previsto prepensionamenti e un limitato numero di nuove assunzioni alla Regione, poi lo stop. Crede che siano provvedimenti necessari?
«Immettere menti più giovani e più fresche nell’apparato amministrativo è utile per l’attività lavorativa degli uffici. Non bisogna dimenticare che in Sicilia il primo datore di lavoro è la Regione. Se non si cerca di rimettere in moto il primo datore di lavoro allora il rischio che la disoccupazione continui ad aumentare si fa sempre più concreto. L’idea di base è corretta. Bisogna però battere i pugni sul tavolo a Roma per ricevere quegli aiuti che possono rendere possibile quest’operazione».
Ma il governo in più occasioni ha dovuto accettare le condizioni imposte da Roma, come nel caso della rinuncia ai contenziosi con lo Stato...
«Perché è l’unico modo che Crocetta ha per restare alla presidenza della Regione. Crocetta è debole politicamente e lo è ancora di più a Roma. Il collante che tiene unita la sua maggioranza è la convenienza. Per mantenere la maggioranza all’Ars ha dovuto raccattare transfughi da ogni parte. Ciò testimonia che l’architrave è debole. Se ci si presenta a Roma in queste condizioni allora è più difficile riuscire a ottenere qualcosa dal governo nazionale».
Avete chiesto che si tornasse alle urne subito dopo l’intervento all’Ars di Crocetta in merito alla presunta intercettazione choc col suo medico personale, Matteo Tutino. Pensa che siano ancora possibili elezioni anticipate?
«Quando è successo lo scandalo legato a Tutino avevo pensato e sperato che questa legislatura fosse arrivata al termine. Poi, è successo qualche cosa che ha cambiato le carte in tavola. Non è chiaro che cosa sia successo. Sta di fatto che a oggi questa eventualità all’orizzonte è scomparsa. Questa ipotesi si potrebbe rivitalizzare solo per via giudiziaria con l’arrivo di qualcos’altro che possa mettere in ginocchio il governo. Non credo che per ragioni politiche si riuscirà a interrompere questa legislatura».
L’aspetto economico della Regione resta preoccupante: i debiti crescono, i fondi comunitari per la nuova programmazione sono inferiori a quelli della precedente. In quale direzione si va?
«La Sicilia tecnicamente è una regione in default. Bisogna applicare dei tagli che non sono i tagli di cui parla Crocetta. Bisogna ridurre gli sprechi, riorganizzare l’apparato burocratico, renderlo più produttivo. Anche questo consente di produrre risparmi all’interno della spesa e di erogare servizi che fanno ottenere degli introiti. Se si lavora in modo che la macchina amministrativa funzioni si ottiene già un primo risparmio che permette di rimettere in modo gli altri meccanismi di reddito e di gettito. Bisogna poi fare in modo che le imprese vengano a investire in Sicilia e di conseguenza, lavorando e producendo qui, possano pagare le tasse che resterebbero in Sicilia. Non è da sottovalutare neppure il recupero delle somme dell’evasione fiscale delle imposte regionali. Così sarebbe possibile porre le basi per riportare i conti in pareggio. Invece, sono due anni che si fanno Finanziarie con mutui e in questo modo i debiti possono solo aumentare».
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