«Aia e palmento si vedono a finimento». Parte con una battuta la conversazione con Alessandro Chiarelli, presidente siciliano di Coldiretti e pertanto osservatore del mondo agricolo, delle sue criticità e delle sue prospettive. Si parla di vendemmia, di vino e di imprenditoria agricola in Sicilia. Che raccolto di uva sarà quella del 2015? Chiarelli mima lo scenario mentre sorseggia un tè nero seduto a un bar. «Mio padre - racconta - diceva che solo alla fine si puó tracciare un bilancio di un raccolto. Purtuttavia mi sento di dare qualche valutazione soprattutto di carattere climatico. Le condizioni meteo sino ad oggi sono buone. Perchè abbiamo avuto una giusta piovosità fino a giugno. Non abbiamo avuto eccessiva umidità durante questi mesi appena trascorsi a parte qualche pioggia estiva che per fortuna nella nostra regione non ha fatto danno». Neanche casi di peronospora e oidio che spesso mettono a repentaglio la salute dei vigneti e regalano qualche notte insonne ai viticoltori? «Per le notizie che abbiamo noi direi di no. E sicuramente va meglio dello scorso anno quando invece peronospora ed oidio hanno creato qualche problema in varie parti della Sicilia. Insomma osserviamo tanta buona salute nei vigneti dal punto di vista fitopatico. Se continua così potremmo avere un aumento della produzione rispetto alla vendemmia 2014 del 20, 25 per cento. Un aumento che, tengo a dire, non andrà a discapito della qualità». Ma come stanno i viticoltori? Non mancano le notizie di chi rinuncia al vigneto e decide di estirpare...qual è la situazione? «Continuiamo a registrare una notevole vendita di catastini, i cosidetti diritti di impianto, che emigrano verso il nord Italia perchè in altre regioni d'Italia ci sono imprenditori che investono e puntano a scommettere sul vino. Perchè accade tutto questo? Perchè mentre prima il viticoltore era parzialmente soddisfatto della vendita dell'uva, da molti anni il prezzo di vendita non copre più i costi di produzione». E quindi? «Qualcuno sta reagendo. È in corso una lenta e costante piccola rivoluzione. Alcuni viticoltori stanno pensando di ridurre la propria estensione produttiva per ritornare ad essere vignaioli a 360 gradi. E cioè ritornare a produzioni minori ma trasformandosi in minuscoli imprenditori chiudendo la filiera e tirando fuori etichette e bottiglie che nascono interamente dalle proprie produzioni. Tutto questo partendo dall'utilizzo vocazionale dei propri terreni rispettando le tradizioni autoctone degli stessi territori dove lavorano. E spero siano in tantissimi». È una sorta di appello a diventare imprenditori di se stessi? «Non lo so. Ma so per certo che questo è un appello alla cooperazione vitivinicola siciliana che è nata per tutelare i produttori dalla volatilità del mercato e per consentirgli di esprimere la vocazione di questi territori destinati al vino. Oggi il modello cooperativo vitivinicolo siciliano è da rivedere. E oltretutto va sondata questa opportunità-tendenza di diventare vignaioli di sè stessi. Oggi è ancora il tempo di perseguire una minore quantità per avere maggiore qualità e maggiore rispetto della vocazione di un territorio. Obiettivi più facili se un viticoltore decide di chiudere la filiera e decide di coltivare uva per trasformarla in vino e tirarne fuori bottiglie da piazzare sul mercato. Vendere non è facile. Ma determinazione e passione possono trasformare un vignaiolo in imprenditore che saprà commercializzare le bottiglie. E c'è un altro aspetto che va ricordato». Quale? «Come sanno bene i produttori di vino più famosi, un'etichetta di qualità diventa polo di attrazione per turisti e appassionati che giungono qui da tutto il mondo e scoprono una Sicilia più buona sulle tracce dei viaggiatori dei Grand Tour». Ma i viticoltori sono pronti a questa rivoluzione? Davvero c'è in corso questa evoluzione? «I viticoltori sono pronti e il nuovo Piano di sviluppo rurale sicuramente aiuterà in tal senso soprattutto i giovani che con le nuove misure, oggi in cantiere e presto disponbili, potranno avere un volano che darà una mano su come diventare imprenditori di se stessi e non mezzadri dei grandi gruppi. I quali per fortuna continuano ad essere ambasciatori con grande soddisfazione di questa terra vocata, ma anche beneficiari di un valore aggiunto - l'uva buona - spesso frutto di tanto sudore e non ben remunerata». L'anno scorso come è andata? «Prezzi bassissimi nell'ambito cooperativo e c'è chi non ha dato neanche il conguaglio. Speriamo quest'anno di avere, oltre alla grande qualità che ci aspettiamo, anche un ritorno altrettanto apprezzabile per le casse di chi per anni ha fatto cassa per altri». Intanto c'è chi lamenta i vigneti invasi dai conigli. Un altro problema... «C'è una problema di fauna selvatica fuori controllo. Abbiamo letto e detto su fatti gravissimi che attengono alla incolumità dei cittadini e dei fruitori della aree protette, dei boschi e delle aree limitrofe. Abbiamo detto e letto che questa fauna selvatica provoca danni anche alle coltivazioni fino a creare problemi di sussistenza di alcune coltivazioni specialmente nelle aree limitrofe di parchi e riserve e delle isole minori. In quest'ultimo caso c'è una popolazione di conigli fuori controllo perchè non ci sono più gli antagonisti naturali. Registriamo ogni giorno la denuncia di imprenditori agricoli che devono proteggere in tutti i modi le loro coltivazioni. Ma se lo si puó fare in maniera più efficace per le piante ad alto fusto e le piante arboree proteggendone il fusto, riesce quanto mai difficile farlo per le coltivazioni leguminose e cerealicole. I vigneti che per densità per ettari sono numericamente significativi sono difficili da proteggere pianta per pianta tanto che in molti dichiarano di essere costretti a reimpiantare l'anno successivo a causa delle piante decorticate dai conigli». Come si risolve? «Le soluzioni sono tante. Ci sono le catture per portarli via e per ripopolare altri posti, la caccia, o ancora la riproposizione di antagonisti naturali ma certamente non si puó perdere tempo perchè non possiamo assistere al depauparamento delle specie vegetali soprattutto sulle isole minori che già vivono in una difficoltà oggettiva per le loro peculiarità agronomiche. A questo punto aggiungo di non avere mai detto che i conigli possano accoppiarsi con altre specie animali riproducendosi in ibridi in natura a me sconosciute. La notizia c'è quando è vera. Questa notizia semplicemente non c'era».