ROMA. Il motore della crescita fatica ad accelerare: oggi l'Istat, diffondendo la stima preliminare del Pil, ha certificato che nel secondo trimestre l'economia è cresciuta di un modesto +0,2%. Che non mette ancora in sicurezza l'obiettivo del Governo di raggiungere +0,7% a fine anno. Sicuramente pesano i fattori esterni (dalla crisi greca al rallentamento cinese), visto che anche il resto d'Europa non fa molto meglio; ma le difficoltà di ripresa erano già evidenti negli ultimi dati macro. E se il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi vede una conferma della ripresa che non c'è, il Ministero dell'economia rassicura: riforme strutturali e politica economica favoriranno l'accelerazione. In base alle stime Istat, il trimestre aprile-giugno cresce dello 0,2% dal +0,3% del trimestre precedente e dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2014. Il dato congiunturale, più o meno in linea con le attese, è il risultato di un calo del valore aggiunto dell'agricoltura, un aumento nei servizi, e una variazione nulla nell'industria (costruzioni comprese). Dal lato della domanda, va bene la componente nazionale, mentre pesa quella estera. Se la crescita dovesse restare invariata nei prossimi due trimestri, si chiuderebbe il 2015 con un +0,4%. Se così fosse, però, non verrebbe centrato l'obiettivo del Governo. Che al momento non sembra così a portata di mano. Per archiviare il 2015 con un +0,7%, infatti, serve una vera accelerazione: nei prossimi due trimestri non basterà che ci si fermi ad un +0,2% o +0,3%, ma sarà necessario almeno un +0,4% in ciascun trimestre. Il dato, però, non sembra preoccupare il Ministero dell'economia. Il risultato è «come da attese» e la «programmazione finanziaria del governo è basata su stime affidabili», affermano fonti del Tesoro, che sottolineano anche che «il paese può e deve fare di meglio». Risultato atteso anche per la Confindustria, che però ne dà una lettura meno rosea: «Purtroppo è la conferma che non c'è una ripartenza vera», sostiene Squinzi, indicando che il problema vero è «creare le condizioni favorevoli all'impresa». Critica anche la Cgil: i dati sono una buona notizia ma non bastano a creare occupazione. Per il leader dalla Uil Carmelo Barbagallo i dati confermano una crescita troppo lenta. E per i consumatori avanti così il Paese non uscirà dalla crisi. Il rallentamento dell'economia non è infatti una sorpresa. Appena una decina di giorni fa l'Istat evidenziava che l'economia italiana «cresce a ritmo moderato», in parte influenzata dal rallentamento del commercio internazionale, in parte dalle «difficoltà di ripresa delle costruzioni e del mercato del lavoro». Gli ultimi dati dell'Istituto di statistica evidenziano una produzione industriale in frenata (-1,1% mensile e -0,3% annuale a giugno), la flessione dell'export (-0,6% congiunturale a giugno), inflazione stabile al +0,2%, un clima di fiducia in calo tra consumatori e imprese a luglio e soprattutto un mercato del lavoro ancora in difficoltà, con il tasso di disoccupazione salito a giugno al 12,7% (con record al 44,2% per i giovani) e gli occupati ancora in calo. Qualche segnale positivo potrebbe però arrivare nei prossimi mesi, indicano gli analisti di Intesa SanPaolo (che vedono non compromesso al momento l'obiettivo del +0,7% del Governo): grazie al rimbalzo della produzione industriale previsto a luglio e al calo delle quotazioni petrolifere che dovrebbe sostenere il reddito delle famiglie più del previsto. A frenare comunque è un pò tutta Europa. La locomotiva tedesca nel secondo trimestre ferma l'asticella del Pil ad un +0,4%, al di sotto delle previsioni. Risultato inferiore alle stime anche per l'economia francese, che rimane stagnante con un Pil invariato (ma il Governo di Parigi resta fiducioso per un +1% a fine anno). Nel complesso dell'Ue-19 il Pil cresce dello 0,3% (da +0,4% del primo trimestre e dell'ultimo trimestre del 2014).