
ROMA. «Il numero degli occupati nel Mezzogiorno, ancora in calo nel 2014, arriva a 5,8 milioni, il livello più basso almeno dal 1977, anno di inizio delle serie storiche Istat». Lo si legge nel Rapporto Svimez che sottolinea che il prezzo più alto è pagato da donne e giovani. «Dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13% la metà della Grecia che ha segnato +24%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell'Europa a 28 (+53,6%)». Lo si legge nel rapporto Svimez che sottolinea anche che, nel periodo, l'Italia nel suo complesso è stato il Paese con meno crescita dell'area euro a 18 con il +20,6% a fronte di una media del 37,3%.
«Un Paese diviso e diseguale, dove il Sud è la deriva e scivola sempre più nell'arretramento: nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%) e il Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud nel 2014 ha toccato il punto più basso degli ultimi 15 anni, con il 53,7%».
«Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l'Unità d'Italia: il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili». Sono le previsioni contenute nel Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2015. «Il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l'assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all'area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente».
In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2014 è sceso al 53,7% del valore nazionale, un risultato mai registrato dal 2000 in poi. Lo scorso anno infatti quasi il 62% dei meridionali ha guadagnato meno di 12 mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord. Nel dettaglio a livello nazionale, il Pil è stato di 26.585 euro, risultante dalla media tra i 31.586 euro del Centro-Nord e i 16.976 del Mezzogiorno.
A livello di regioni il divario tra la più ricca, Trentino Alto-Adige con oltre 37 mila euro, e la più povera, la Calabria con poco meno di 16 mila euro, è stato di quasi 22 mila euro, in crescita di 4 mila euro in un solo anno. Tutto questo si riflette nel rischio povertà che coinvolge una persona su tre al Sud e solo una su dieci al Nord.
La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%) ma in generale al Sud è aumentata rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord. Lo si legge nel rapporto Svimez che sottolinea anche che, nel periodo, l'Italia nel suo complesso è stato il Paese con meno crescita dell'area euro a 18 con il +20,6% a fronte di una media del 37,3%
9 Commenti
paolo
30/07/2015 11:13
Grande renzi continua cosi'.....
Antonio
30/07/2015 15:12
Su Renzi si può discutere quanto si vuole. Ma io ricordo che quando è caduto il viadotto, l'assessore regionale se ne uscì, in TV, fatalisticamente, asserendo che ci sarebbero voluti 'anni per riaprire l'autostrada'. Invece il ministro Del Rio s'è catapultato in Sicilia prendendo in mano la situazione, con ben altro approccio al problema. E, concordo con Antonio1, con tutti stì problemi, di cosa si occupa il nostro Parlamento Regionale, il-più-an-ti-co-d'e-u-ro-pa??? Della riforma delle inutili province che serve solo a conservarle tali e quali
cassandra
30/07/2015 12:28
Che c'entra Renzi? E' colpa degli imprenditori, commercianti che quando mettono in regola i lavoratori gli danno uno stipendio da fame. Firmano le buste paghe di € 1.000 e gliene danno € 500. In Sicilia vige l'omertà.
Rosario Giuliano
30/07/2015 12:29
La crescita del Mezzogiorno dipende delle ottime politiche attuative . Il fatto che in tanti anni hanno governato malissimo con ruberie , spreco e tanto altro, non onora assolutamente nessuno perché l'indirizzo parlamentare non fa il lavoro bene, divorando per intero la costituzione Italiana quasi uno scippo in pieno giorno al centro storico, una refurtiva bella e buona da 110 e lode. Grande caduta libera di stile e perdita di credibilità internazionale, sono scomparse le menti, grandi uomini che hanno fatto storia e scuola con progetti educativi. Oggi ci vogliono solo illudere, da bombardamenti mediatici e ottici, per cui il fallimento rimane sempre dietro l'angolo altolà o la borsa o la vita, tanto la dignità non fa più parte del vocabolario Italiano. Rimane il tempo e la speranza per rimettere in ballo il futuro, ha quanto sembra le lancette vanno su lato opposto non facendo vedere la verità nuda e cruda.
Antonio 1
30/07/2015 12:30
E Crocetta e soci cosa fanno? La riforma delle Province! Grande cosa! Ci sentiamo tutti più ricchi! A me hanno insegnato che gli amministratori si possono definire tali se riescono a procurarsi finanziatori e finanziamenti che portino lavoro e benessere e se non ci riescono "debbono" andare a casa!
giu48
30/07/2015 13:14
Malgrado il capo dello stato, il presidente del senato...siano palermitani... Siamo nella'Abbandono TOTALEEE
giannino
30/07/2015 14:17
...strano a vedere le trasmissioni di Riotta su Rai 3 il sud è al setttimo cielo tutto impreditoria che funziona e tutti addosso al nord che non si accorge del GRANDE SUD (quello di Riotta)
Dario Darek
30/07/2015 15:32
La colpa è solo e unicamente della gente!
Salvo
30/07/2015 16:23
E ci credo! con la sola industria che abbiamo, PIP, LSU, formatori e forestali, dove credevamo di andare? Con questi signori abbiamo buttato a mare milioni e milioni di euro, tutte risorse tolte allo sviluppo e alle infrastrutture.
Zazá
30/07/2015 18:09
Qualcuno informi il Pres. del Consiglio.Visto che,[secondo lui] la nave Italia va a gonfie vele!Di questo passo [ mi auguro di no]Andrá a sbattere contro gli scogli.
Frenk
31/07/2015 07:54
Il futuro della nostra isola con questi dati è disastroso. È l'ora che tutti noi prendimo atto che i dati riportati non ci spaventano più si vede ad occhio nudo che le industrie ci hanno abbandonato. Grazie ai nostri amministratori che pensano ....alla classica poltrona ed a se stessi. Non ci rimane che alle prossime elezioni cambiare colore politico con la speranza che i prossimi abbiamo fatto danni meno degli altri.