«Nell’ultimo anno sono state oltre 5 mila le imprese siciliane costrette a chiudere in seguito alla crisi. Nell’Isola attualmente hanno un lavoro solo un milione 310 mila persone su 5 milioni, circa 30 mila in meno rispetto al 2014». Dati preoccupanti, che descrivono le difficoltà dell’economia siciliana, contenuti nel report della Fondazione Curella.Il presidente, Pietro Busetta, segnala anche il gap con le altre regioni. «Gli occupati nelle regioni maggiormente produttive, in particolare, al nord del Paese sono la metà della popolazione. Ad esempio, in Emilia Romagna, su 4 milioni, le persone che hanno un lavoro sono oltre un milione 800 mila. In Sicilia invece dovrebbero essere 2 milioni 300 mila. In realtà, c’è un milione di posti di lavoro in meno rispetto alla media».
Che cosa emerge da questo report?
«Viene fuori una Sicilia che ancora arranca e che non riesce a superare il periodo che dal 2008 le ha fatto perdere il 16 per cento del Pil. Periodo che non è ancora terminato perché stimiamo che perderemo ancora lo 0,6 per cento entro fine anno, un decremento comunque meno negativo del tre per cento perso nell’ultimo triennio. La ripresa invece è prevista per il 2016. Anche se avremo bisogno di vent’anni per recuperare quello che abbiamo perso dal 2008 a oggi».
La crisi continua a mettere in ginocchio le imprese. Quali settori ne risentono di più?
«Rispetto allo scorso anno hanno chiuso oltre 5 mila imprese. Il settore industriale è quello che ha sofferto di più ma ha risentito della crisi anche il settore dei servizi e quello delle costruzioni. Ha tenuto invece l’agricoltura, dove però sono solo circa centomila gli occupati su un milione 300 mila. Quindi è un settore che riguarda una parte limitata dell’economia siciliana».
Quali indicazioni emergono dai consumi?
«C’è anche in questo caso una riduzione del calo, come nel settore del credito. L’economia siciliana sta rallentando la caduta e si sta preparando all’inversione di tendenza ma non ha ancora fermato la caduta contrariamente a quanto sta avvenendo nel resto del Paese, che entro fine 2015 dovrebbe maturare una crescita dello 0,7 per cento grazie alla spinta del nord Italia».
Quali sono i segnali che vi lasciano intravedere un’inversione di tendenza nel 2016?
«Anzitutto, l’andamento del credito. I mutui cominciano ad avere un tasso di crescita interessante. La caduta del mercato del lavoro comincia a essere meno pesante, i consumi di energia elettrica cominciano ad aumentare. Anche sul fronte dell’export la situazione migliora. Sono andate meglio le vendite dei prodotti chimici fuori dalla Sicilia: sono cresciute del 7 per cento. Quelle dei prodotti in gomma sono aumentate del 5 per cento. Per l’agroalimentare l’aumento è dello 0,7 per cento. Arretrano invece le esportazioni di computer, prodotti elettronici e lettori ottici che perdono il 9 per cento rispetto allo scorso anno».
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