ROMA. La caduta dei consumi si è fermata dopo due anni di calo ma la spesa delle famiglie non decolla. Nel 2014 è sostanzialmente stabile, secondo gli ultimi dati Istat, e corrisponde a 2.488,50 euro al mese. C'è un piccolo aumento nominale dello 0,7% rispetto al 2013 ma, considerando l'impatto dell'inflazione e dell'errore campionario, i consumi di fatto sono fermi. Ancora quasi sei famiglie su dieci risparmiano persino sul cibo, che è una delle ultime voci di spesa ad essere intaccate.
La quota delle famiglie che riducono la quantità o la qualità dei prodotti alimentari acquistati è in calo dal 62% del 2013 al 59% dello scorso anno, ma sono sempre in tanti a studiare le offerte più convenienti ai supermercati o rivolgersi agli hard discount in cerca di prezzi stracciati. Soprattutto al Sud la quota degli acquisti nei discount è in crescita dal 12 al 15%, mentre a livello nazionale si attesta al 13%.
Proprio le famiglie del Mezzogiorno, insieme a quelle più giovani, sono quelle che risentono maggiormente della crisi. Per la prima volta i nuclei con capi-famiglia sotto i 35 anni spendono meno delle famiglie con componenti di 64 anni e oltre, tradizionalmente più abili nella corsa all'ultimo spicciolo. I consumi dei ragazzi, nel 2014, risultano infatti inferiori di circa 100 euro al mese rispetto a quelli delle famiglie più mature.
La spesa più bassa per i consumi è in Calabria (1.757,82 euro), dove è poco superiore alla metà di quella del Trentino Alto Adige (la regione più «spendacciona» con 3.073,54 euro in media al mese). L'ufficio studi della Confcommercio punta il dito sul «drammatico ampliamento dei divari territoriali tra il Sud e il resto del paese» che «dovrebbe suggerire strategie d'intervento per il rilancio» del Mezzogiorno.
Nel 1997, secondo le elaborazioni dell'associazione, la spesa media delle famiglie del Nord era più alta del 23% rispetto a quella del Mezzogiorno, mentre oggi la distanza è cresciuta al 42%. Un'altra precisazione arriva dalla Coldiretti che sottolinea come il livello della spesa alimentare sia rimasto sostanzialmente stabile nel 2014 e sia ripartito a inizio 2015. I primi cinque mesi dell'anno, secondo un'analisi Coldiretti su dati Ismea-Nielsen, hanno visto infatti un aumento dell'1,9% delle vendite dei prodotti confezionati. Tornando ai dati Istat, continuano per il secondo anno consecutivo le rinunce in tema di comunicazioni, alberghi e ristoranti, mentre tornano a crescere le spese per l'abbigliamento e le calzature, quelle per i mobili, gli articoli e i servizi per la casa, quelle per la salute, l'istruzione, la cura della persona e gli effetti personali. L'Osservatorio nazionale Federconsumatori osserva come, dal 2002 ad oggi, una coppia con un figlio e un reddito di 1.900 euro abbia tagliato del 67% le volte in cui esce a cena al ristorante o in pizzeria, del 60% le pause pranzo fuori, del 50% le uscite al cinema e del 48% le giornata in cui si usa l'automobile. L'Unione nazionale consumatori conclude che i consumi nel 2014 «non sono ulteriormente scesi semplicemente perchè non erano ulteriormente comprimibili».
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