TRENTO. La crisi finanziaria globale, che è nata prima del 2007, è stata «generata da errori in vari campi, da parte dei mercati o meglio dagli intermediari finanziari che operano sui mercati, errori dei regolatori, i supervisori delle banche, che ci sono stati in varie parti del mondo, ma direi meno in Italia di quanto si dice, anche se ci sono stati». Così il governatore di Bankitalia Ignazio Visco al Festival Economia di Trento, sottolineando che «gli errori sono di tutti», anche «delle politiche economiche e degli economisti». «L'eccesso di crescita della finanza non regolata, che dipende dalla deregolamentazione - che è stata una risposta non solo della finanza, ma di tutti settori dell'economia, a dei fallimenti dello Stato, quando ci fu una fortissima spinta inflazionistica - ha avuto il merito dell'espansione dei mercati, ma oggi parliamo di instabilità sociale e disuguaglianza». «La fine della Guerra fredda - ha proseguito - è il vero spartiacque, quando le grandi potenze facevano la corsa allo spazio e una serie di tecnologie vennero portate all'uso civile. Lo stesso cambiamento climatico è probabilmente legato alla globalizzazione, con tutti i progressi che la globalizzazione ha prodotto. Nel 1990 la popolazione mondiale vedeva 1 mld di persone in condizioni di povertà estrema. Ora non sono molte di meno, ma la popolazione è aumentata di 2 mld. Gli effetti postivi quindi ci sono, accanto a quelli negativi». «La finanza in sè - ha concluso su questo punto - non è nè buona, nè cattiva, la buona finanza è positiva. Il problema, come sempre, è l'attenzione a che la finanza non contenga in sè i segni per l'instabilità, e in questo caso bisogna ridurla. Se andiamo a vedere la storia nostra, i mercanti italiani hanno inventato le lettere di cambio, il microcredito è un'innovazione finanziaria straordinaria, che in Paesi estremamente poveri ha consentito di ridurre la povertà. Il venture capital, che si diffonderà anche in Europa ha consentito nascita e la crescita di società come Intel, Apple e Google». La crisi finanziaria è diventata crisi dei debiti sovrani anche per errori di politica economica, perchè «non abbiamo abbassato il debito quando si poteva. E questo sicuramente è vero per alcuni Paesi come la Grecia, che lo ha anche nascosto» mentre in Italia «prima della crisi eravamo scesi al 100%» in rapporto al Pil con una serie di misure. Il governatore di Bankitaliaha sottolineato come «con la crisi noi non siamo cresciuti più e il rapporto è salito a 130 e oltre». «È da vent'anni e più che l'Italia non cresce, non cresce la produttività totale dei fattori». «L'economia italiana - ha aggiunto - è in difficoltà da quando io mi ricordo, dagli Anni '60 - con una valvola di sfogo che era il cambio - con capacità notevole di industriarsi. Pensate alle piccole imprese, uscite dalle grandi e che hanno costruito un sistema straordinario, che ha funzionato. Le piccole riuscivano a evolvere, a creare innovazione, innovazione evolutiva, graduale, di piccoli passi». «Quando entriamo nell'Unione monetaria, alla fine della Guerra fredda - ha proseguito - c'è un progetto di lungo periodo che ha a che fare con la politica importante, cioè con la pace». Un periodo che Visco ripercorre sottolineando che a quel punto, con l'unione monetaria, «non c'è più a disposizione il cambio per aggiustare gli squilibri e l'economia mondiale cambia: c'è la globalizzazione. Alcun economie emergono, da niente che erano, con lo scambio di merci e persone, con l'innovazione tecnologica. Ma l'innovazione non è più evolutiva: le piccole imprese italiane non hanno più la capacità di stare dietro e non hanno più il cambio. Non c'è il capitale umano richiesto dalle nuove tecnologie». «Un'indagine Ocse sugli adulti - ha riferito - dice che 7 italiani su 10 non sono in grado di comprendere ciò che leggono per vivere in un modo sufficientemente autonomo in modo globale e lo stesso vale per capacità logico matematiche». «L'investimento in conoscenza è quello che paga l'interesse più alto» ma «investiamo poco perchè il rendimento è molto differito nel tempo, quindi bisogna fare uno sforzo per avere benefici per quando non si è più al governo». Anche le famiglie - ha proseguito - avrebbero potuto investire di più in conoscenza, se solo avessero visto che questo avrebbe avuto un rendimento alto». «C'è un paradosso in Italia - ha affermato - e emerge guardano il rendimento dell'investire in conoscenza. Può essere calcolato in un modo banale: la differenza retribuiva tra diplomato e laureato. Da noi è bassa e basso è anche il livello di stock di capitale umano. È strano, perchè quando qualcosa scarseggia il rendimento è alto, invece da noi non avviene. Sono problemi - si è domandato il governatore di Bankitalia - di asimmetria informativa? È possibile. Se io vedo che la qualità della preparazione di chi esce dalle scuole è mediamente bassa, lo pago poco. Chi deve investire su di sè in conoscenza, di conseguenza non investe, perchè sa che sarà pagato poco. Ma c'è anche la struttura produttiva da guardare: molte hanno problemi a stare sul mercato. Questo alla base della crescita che non abbiamo».