ROMA. Correggere i conti pubblici con misure pro-crescita e «non abbassare la guardia» su Governance delle riforme strutturali, unione di bilancio e condivisione dei rischi. Perché «prima o poi» si arriverà a «un'ulteriore condivisione di sovranità» per i Paesi dell'Eurozona che va considerata una «opportunità» e non una «minaccia». Draghi torna anche a parlare della necessità che, per il risanamento dei conti di Paesi ad alto debito, si punti a «misure favorevoli alla crescita» e non solo quindi a politiche di bilancio.
È il nuovo affondo del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi che nel messaggio inviato alla conferenza «Verso i 60 anni dai Trattati di Roma: stato e prospettive dell'Unione Europea», esorta a colmare le «lacune» istituzionali nell'architettura europea. Ma soprattutto punta il dito contro le resistenze di quei governi nazionali che guardano con sospetto all'integrazione economica e di bilancio, nel timore di ritrovarsi a fare i conti con 'ingerenze scomode'.
Una ritrosia che trova una sua giustificazione anche nel fatto che il primo sponsor dell'Unione di bilancio e del 'processo di convergenza' nelle politiche economiche è la cancelliera Angela Merkel. Lo sa bene Draghi che non a caso ricorda come l'unione economica e monetaria limiti la sovranità dei singoli Stati, ma molti se ne sono «accorti solo dopo lo scoppio della crisi». E così rassicura: i banchieri centrali «non vogliono essere invadenti e non vogliono dire ai governi cosa devono fare». Dal governo italiano arriva intanto pieno appoggio al rafforzamento della governance che deve «trasformarsi in un vero governo democratico e politico della moneta comune» osserva il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari e alle Politiche europee, Sandro Gozi. E «questo significa - aggiunge - che dobbiamo fissare anche gli obiettivi di crescita dell'occupazione e della competitività per l'intera zona euro, con una vera politica economica comune, che includa anche gli obiettivi sociali».
Un processo che Draghi vorrebbe accelerare perché ogni ritardo «può essere pericoloso», mentre rafforza il pressing sulle riforme strutturali soprattutto ora che i Partner del blocco dell'euro possono approfittare della 'finestra' del quantitative easing per rimettere ordine nei conti senza soffocare la crescita. È questa l'occasione per la svolta e - fa capire Draghi - non va sprecata: bisogna subito proseguire «con misure favorevoli alla crescita» il processo di correzione dei conti pubblici nei Paesi dove «l'elevato livello del debito ha compromesso il ricorso alle politiche nazionali di bilancio quale strumento di stabilizzazione macroeconomica».
Un cambio di passo importante nel linguaggio della Bce, quanto dovuto, visto che per ammissione dello stesso Draghi «non è stato sempre fatto abbastanza nell'area dell'euro per salvaguardare la capacità di utilizzare la politica di bilancio in senso anticiclico». Il risultato è che «permangono forti divergenze interne in termini di disoccupazione, crescita e produttività» e che «diversi Paesi devono ancora ricondurre le proprie politiche di bilancio su un percorso coerente con la sostenibilità di lungo periodo». In quest'ottica per il presidente Bce è cruciale creare «una convergenza delle nostre economie nella capacità di fronteggiare gli shock e di crescere insieme» e per farlo bisogna passare per la «condivisione dei rischi privati», mentre l'integrazione finanziaria «deve progredire per favorire l'accesso delle imprese al credito». E se l'unione bancaria è un passo importante, «va portata a compimento» e deve ora seguire un'unione completa dei mercati dei capitali«.
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