ROMA. È una vera e propria bomba quella sganciata dalla Corte Costituzionale con una sentenza che 'boccià il blocco delle perequazioni pensionistiche scattato con la norma Fornero. Una bomba che rischia di creare un 'bucò da 5 miliardi nei conti pubblici. Nel 2011 all'interno del decreto Salva Italia, il governo Monti inserì una misura che riguardava le pensioni di importo mensile superiore a tre volte il trattamento minimo Inps: per il biennio 2012-2013 era sospeso il meccanismo che adegua l'assegno pensionistico al costo della vita. Nell'annunciare il provvedimento, l'allora ministro del Welfare, Elsa Fornero, pianse in diretta tv durante la conferenza stampa. «Abbiamo dovuto, e ci è costato anche psicologicamente, chiedere un sacr...», disse senza riuscire a terminare la parola «sacrificio». Quel sacrificio che ora dovrà essere restituito ai pensionati per una scelta «che non fu mia - specifica oggi Fornero - ma di tutto il governo» per fare risparmi in tempi brevi. Secondo gli ultimi dati Istat, il blocco delle indicizzazioni ha toccato circa 6 milioni di persone con pensione superiore ai 1.500 euro mensili lordi. La quota maggiore è costituita da pensionati che percepiscono tra i 1.500 e i 1.999 euro (17,4%) e tra 2.000 e 3000 euro (13,7%): cifre quindi non altissime. Ora l'Inps dovrà ricalcolare gli assegni liquidati. «Il tema - fa sapere in prima battuta il Tesoro - è all'attenzione del ministero dell'Economia: si valuteranno motivazioni della sentenza e impatto sulla finanza pubblica». Impatto che «sarà rilevante», ammette poi il viceministro Enrico Morando. «Se si dichiara illegittima la mancata corresponsione dell'adeguamento, quei pensionati ora hanno diritto ad averlo. La conseguenza è che l'adeguamento va corrisposto», spiega Morando. Che però non nasconde una certa sorpresa per il fatto che non ci sia stato «un bilanciamento con l'art. 81 della Costituzione» sul pareggio di bilancio e i diversi interessi in gioco «come avvenne con la Robin Tax», la tassa sulle aziende petrolifere, quando la Corte, 2 mesi fa, pronunciò una sentenza non retroattiva. Qui, invece, «l'onere si scarica sui conti pubblici». Un calcolo non è ancora stato fatto. Ma dalle cifre che l'Avvocatura dello Stato fece in udienza di fronte alla Consulta, in ballo ci sono circa 1,8 miliardi per il 2012 e circa 3 per il 2013. A spanne 5 miliardi. Ma perchè la Corte, sulla scorta delle istanze del Tribunale di Palermo e della Corte dei Conti, ha respinto al mittente la norma? Perchè l'interesse dei pensionati, specie se «titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite» e il diritto a una pensione adeguata è un «diritto costituzionalmente fondato» che non va «irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio». A redigere la sentenza, la giudice Silvana Sciarra, giuslavorista. Una pronuncia importante, osserva il costituzionalista Massimo Siclari, perchè la Corte ha ribadito che «le esigenze economiche non sono necessariamente e automaticamente preponderanti su diritti fondamentali quali proporzionalità, ragionevolezza e solidarietà». La sentenza ha provocato inevitabili reazioni politiche e sindacali. La più agguerrita, la Lega, che fa delle pensioni un cavallo di battaglia: «È un bello sberlone alla Fornero, al Pd e a chi votò quella legge infame - va giù duro Salvini -. Ma ora aspetto da Renzi una risposta: per superare quella legge infame, sono pronto, se serve, a votare una proposta Lega-Pd». La presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni fa notare che «per un volta non sorridono solo i pensionati d'oro». «Il Pd, che votò la norma, ora la cambi», è l'appello del leader di Sel Nicki Vendola, in sintonia con quanto chiede la Cgil. La Cisl auspica che la decisione della Consulta sia «un monito per il governo». E la Uil chiede di «restituire il maltolto».