Lunedì 18 Novembre 2024

Dal Messico al Canada, vino italiano conquista nuovi mercati

VERONA. È un mondo a due velocità quello degli operatori del vino nei quattro angoli del pianeta ma in continua evoluzione. A due settimane dall'inaugurazione, Vinitaly delinea l'atlante 2015 del mercato enoico con focus sui Paesi target della kermesse in calendario dal 22 al 25 marzo a Veronafiere. «Grandi le aspettative degli espositori» affermano da Veronafiere grazie al potenziamento dell'incoming realizzato con un incremento degli investimenti del 34%, che garantirà la presenza di delegazioni commerciali da 50 Paesi per incontri b2b programmati con le aziende, e all'arrivo di professionisti del wine&food da 120 Paesi. «In questo viaggio virtuale il sentiment raccolto è decisamente positivo - sottolinea Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere - ma per continuare a crescere bisogna imparare ad approcciare Paesi ed aree geografiche differenti». Dall'indagine i feedback migliori arrivano da partner storici, come la Germania, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. L'India, invece, si dimostra a dir poco ostica e la Russia, che pure nel 2014 ha resistito, si trova in mezzo alla peggior svalutazione del rublo degli ultimi anni, mentre il Brasile paga dazi altissimi. In Brasile «i vini rossi toscani stanno facendo bene, così come le bollicine di Lambrusco e Franciacorta - racconta Almir Luppi Dos Anjos, di Epicerie De Bebidas Ltda - ma l'aspetto più problematico è quello che riguarda la pressione fiscale, altissima in questo Paese, tanto che il prezzo medio delle bottiglie che acquistiamo si aggira sui due-tre euro». Risalendo il Sud America, tra i Paesi più in salute c'è il Messico, dove «la cultura del vino sta crescendo velocemente, specie se si parla di vino italiano, in crescita costante, dalle etichette toscane a quelle del Nord Italia, come l'Amarone della Valpolicella, con un occhio ai vini del Sud», spiega Victor Osbaldo Trevino Rincon, della Value Wine S.A De C.V, che sottolinea anche come «il prezzo medio si attesti sui 12-22 dollari, mentre nella fascia più bassa non c'è competizione con i vini cileni ed argentini». Nell'emisfero Sud, c'è un Paese capace di essere, allo stesso tempo, competitor e partner: l'Australia, dove la passione per il vino italiano nasce, innanzitutto, dalla passione degli australiani per il Belpaese, scelto sempre più spesso come meta vacanze, «e quando tornano in Australia vogliono continuare a bere i vini straordinariamente diversi scoperti durante il proprio viaggio», spiega Robert Damato, di Casa Italia Gourmet. Partner commerciale più solido senza dubbio gli Stati Uniti, dove «la grande presenza della ristorazione italiana è il primo veicolo di promozione per il vino - come spiega Ramin Dabiri, di Vitis Imports - e poi ci sono consapevolezza e dimestichezza con le tante diverse denominazioni, tanto che a fianco delle etichette più affermate stanno emergendo i vini di Sicilia, Puglia e Montepulciano d'Abruzzo per i rossi, e Alto Adige e Friuli per i bianchi. Dopo la crisi, però, si spende qualcosa in meno, e allora se la fascia 10-25 dollari va ancora forte, sopra i 40 dollari si fa più fatica». In Canada «il vino italiano è diventato più importante di quello francese, grazie soprattutto grazie ai vini piemontesi, toscani e veneti - racconta Jean Louis Fortier, di Defori Selections -, ma bisogna tener presente che qui il vino è molto caro: se in Italia una bottiglia costa 4-5 euro, in Canada arriva a 25 dollari».

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