TARANTO. «Una soluzione la troveremo». Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi ha convocato per mercoledì 18 gli autotrasportatori dell'indotto Ilva che protestano da quattro settimane e minacciano di chiudere lo stabilimento. Da otto mesi non percepiscono lo stipendio e pretendono il pagamento cash almeno di una parte dei crediti vantati. Le risposte del governo, e l'annunciata dote di 2 miliardi di euro su cui l'Ilva in amministrazione straordinaria potrà contare non appena il Parlamento convertirà in legge il decreto 'Salva-Ilvà, non sono bastate a svelenire il clima.
Dopo il vertice di ieri a Roma, gli autotrasportatori sono tornati a presidiare il varco C dello stabilimento di Taranto e da lunedì, nonostante l'appello di Lupi a fermare le agitazioni, inaspriranno la protesta. Sarà infatti ridotto da 20 a 10 il numero dei tir a cui sarà consentito il passaggio per rifornire di materie prime l'Ilva. Lo hanno deciso i rappresentanti degli autotrasportatori nel corso di una riunione che si è svolta nel pomeriggio, a cui hanno partecipato tutte le sigle sindacali. L'eventuale protesta con i tir a Roma, sul grande raccordo anulare, che era stata ventilata in mattinata, per il momento è stata accantonata.
Gli autotrasportatori attendono tuttavia segnali positivi e risposte concrete in merito al pagamento delle spettanze. Il vertice programmato al ministero ha lo scopo di «verificare lo stato dei lavori della commissione parlamentare - ha puntualizzato il ministro - sul decreto per l'Ilva di Taranto e valutare insieme eventuali nuove iniziative in merito». Lupi ha spiegato di voler «rassicurare gli autotrasportatori che il governo è direttamente impegnato, il presidente del Consiglio in prima persona, per la soluzione del caso». Il tempo stringe e diventa un cappio al collo dei lavoratori dell'autotrasporto e i colleghi delle ditte dell'indotto, che non hanno più nemmeno i soldi per fare la spesa e acquistare il carburante. «Siamo stanchi - si sfoga Giacinto Fallone, uno dei portavoce degli autotrasportatori - di ricevere promesse mai mantenute. A Taranto servono atti concreti, non prededucibilità che significa altre incertezze, visto che solo in caso di utili saranno tali somme divise a tutte le aziende creditrici».
Intanto, il sindaco di Taranto Ezio Stefano ha rivolto un appello alle banche, chiedendo di «allentare la stretta creditizia nei confronti delle aziende dell'indotto Ilva per elargire nuovo ossigeno facendosi così parte di un sistema strutturato per aiutare le imprese a resistere ancora per due settimane necessarie per superare la grave criticità». Secondo il primo cittadino, «la concessione di nuovi crediti alle aziende, e dei pagamenti ai lavoratori di almeno una mensilità, consentirebbero di mantenere continuità lavorativa finalizzata alla piena ripresa del sistema produttivo siderurgico». Diversamente «si correrebbe il concreto rischio del blocco delle attività dello stabilimento, così vanificando anche tutte le azioni e gli sforzi messi in atto ad ogni livello».
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