Giovedì 19 Dicembre 2024

Confcommercio: gli italiani rinunciano al cibo ma non al cellulare

ROMA. Più magri ma sempre connessi: gli italiani possono rinunciare anche completamente a un pasto strutturato ma non possono vivere oltre 60 minuti senza controllare il proprio cellulare. È la fotografia, scattata dall'ufficio studi Confcommercio, della mutazione di gusti e orientamenti di spesa negli ultimi 18 anni in Italia. La spesa totale delle famiglie per tempo libero, viaggi, vacanze, telefonia valeva il 15,3% nel 1995, oggi vale quasi il 18% nonostante la crisi. Tra il 1995 e il 2013 la percentuale di spesa a prezzi costanti per i consumi "outdoor" (tempo libero, viaggi e vacanze, e pasti e consumazioni fuori casa) è passata dal 15,3% al 18% circa. Si tratta di una crescita che riflette le trasformazioni sociali e la maggiore propensione delle famiglie a viaggiare e partecipare a eventi culturali, ma che tuttavia resta al di sotto di quella che si è avuta in altri Paesi in cui la crisi dei redditi non è stata forte come in Italia. E' quanto risulta da un'analisi dell'Ufficio Studi di Confcommercio, dalla quale emerge in generale il sorpasso della spesa per i servizi rispetto a quella per i beni (52,3% contro 47,7%) e la crescita della spesa per i pasti in generale (+1,8%) seguita da quelle per il tempo libero (+1,5%) e per mobilità e comunicazioni (+0,6%). All'interno di quest'ultima voce, scende l'acquisto di autovetture e cresce quello di servizi e beni per le comunicazioni: gli italiani, secondo l'Ufficio Studi di Confcommercio, "possono rinunciare a un pasto strutturato o addirittura rinunciarvi completamente ma non possono vivere oltre 60 minuti senza controllare il proprio cellulare". In calo, invece, la spesa per l'abitazione (-0,4%) e quella per la cura del sé (-0,6%), con l'abbigliamento giù dell'1,4%, frutto "non soltanto della crisi dei redditi ma anche di nuovi modi di vivere". Entrando nel dettaglio delle "macro aree" di spesa, a crescere di più sono state quelle per servizi ricreativi e culturali, servizi telefonici, telegrafi e telefax, e bar e ristoranti (tutte a +1,1%). Con il segno meno, invece, guida la classifica la spesa per combustibili e lubrificanti (-1,2%). "E' l'inerzia e non il cambiamento – riassume l'Ufficio Studi - a determinare i cambiamenti nella struttura dei consumi. Sono le abitudini, le tradizioni e le preferenze radicate, e non la volubilità, a costituire i driver della spesa".

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