PALERMO. Meno aiuti dall'Europa per le aziende agricole, contrazione del numero delle imprese. I fondi comunitari della politica agricola comune relativamente ai pagamenti diretti sono stati ridotti di oltre un miliardo con la nuova programmazione. La somma disponibile fino al 2013 a livello nazionale ammontava a 5 miliardi. Saranno solo 3,7 miliardi invece i soldi a disposizione nel 2020. Numeri che, secondo il presidente di Confagricoltura Sicilia, Ettore Pottino, sono preoccupanti, dal momento che «gli agricoltori siciliani potranno usufruire di minori rimborsi». Nell'arco di cinque anni si è ridotto anche il numero delle aziende agricole attive nell'Isola che tra il 2009 e il 2013 sono passate da 97 mila a 83 mila. «Anche se la diminuzione delle aziende non è legata alla riduzione della superficie agricola coltivabile - spiega Pottino -. Questo significa che c'è un accorpamento aziendale o una chiusura delle aziende più piccole, mentre restano in piedi quelle più strutturate».
In che modo la riduzione dei fondi comunitari può penalizzare la Sicilia?
«Nella politica agraria comunitaria già da molti anni è previsto un intervento per ettaro di coltivazione delle aziende agricole in modo da compensare la differenza reddituale tra la nostra agricoltura e quella di altri Paesi. Quindi, per rendere competitive le nostre aziende è stata data una compensazione a ettaro che va a supplire maggiori costi e tutta una serie di diseconomie che sono presenti nella nostra agricoltura, dove rispetto al 2013 c'è stato un calo della produzione lorda vendibile per quanto riguarda l'olio, il vino, gli agrumi e il miele di circa il 30 per cento. Quindi, noi abbiamo una vulnerabilità del nostro sistema agricolo e in questo modo si va togliendo anche questa specie di ausilio, che veniva concesso dalla politica agraria comunitaria. Una ulteriore difficoltà è data dalle misure di blocco del mercato della Russia: ci siamo trovati ad affrontare una saturazione del mercato nazionale ed europeo a causa dei prodotti che non hanno avuto più uno sbocco commerciale verso la Russia e sono andati a fare diretta concorrenza con le nostre produzioni. Tutto ciò crea un malessere che incide sulle nostre aziende».
Quali tipologie di produzioni risentono di più della crisi?
«Per quanto riguarda la chiusura del mercato russo ne risentono di più le colture oggetto di internazionalizzazione, e quindi l'ortofrutta e gli agrumi. Si è verificata, però, anche una crisi produttiva per l'olio d'oliva. Questo crea uno stato di precarietà per le nostre aziende in quanto siamo tutti esposti con le banche e non si riescono a pagare le rate del mutuo, i crediti e non si riesce a sfruttare la nuova programmazione 2014-2020 che partirà nei prossimi mesi con i bandi. In più buona parte di queste somme verranno impegnate non per aiuti alle imprese ma per poter mantenere in vita con una serie di piani il sistema della forestale e dei consorzi di bonifica. Quindi, una quota di questo budget, circa il 15 per cento, viene destinato non per coprire investimenti ma per l'ordinaria gestione anche se mascherata da piani per il recupero di foreste».
Quali difficoltà state riscontrando nell'accesso ai fondi europei?
«La criticità più evidente riguarda l'investimento della quota a carico delle aziende. Una parte della somma da investire, che comunque le imprese devono anticipare, viene erogata dall'Ue a fondo perduto, mentre per la restante parte è prevista la compartecipazione dell'azienda alla spesa. Allora se non si fa un raccordo con gli istituti di credito per riuscire a permettere agli agricoltori di ottenere finanziamenti per poter accedere a questi bandi non si può rilanciare e crescere dal punto di vista della competitività. Ciò è possibile solo se si riesce a creare un canale percorribile che consenta di finanziare le aziende che vogliono investire».
Avete avviato un'interlocuzione con la Regione?
«Abbiamo incontrato il neoassessore Caleca dopo il suo insediamento. Notiamo che adesso c'è una volontà politica di riorganizzare i consorzi di bonifica. È stato chiesto al mondo agricolo di mettere mano alla gestione di questi consorzi ma noi come organizzazioni non possiamo assentire se prima non vengono risolte le criticità dei consorzi, cioè l'esubero di personale e l'indebitamento stratosferico. Quindi, prima la politica deve riuscire a risanare queste strutte che sono utili al mondo agricolo ma non così zavorrate. Dopo di che noi agricoltori ci assumeremo la responsabilità di gestirle. Però, non possiamo pagare i danni pluriennali che sono stati fatti da una politica che ha pensato solo a creare prebende e privilegi».
Ma non è l'unico provvedimento che l'assessore all'Agricoltura intende intraprendere…
«Noi riteniamo che la riforma proposta da Caleca di accorpare i vari enti regionali sia un buon segnale anche se abbiamo notato che tra gli enti in questione non è citata l'Arsea, che sarebbe l'organismo regionale pagatore che è stato messo in piedi ormai da qualche anno ma che non è mai stato operativo. Neppure il mondo agricolo sente la necessità di una sua operatività, perché già c'è un organismo pagatore nazionale che, nonostante le sue inefficienze, ha più chance di dare un servizio agli agricoltori rispetto a un organismo locale».
Quali emergenze avete chiesto a Caleca di fronteggiare da subito?
«Un'emergenza recentemente segnalata è quella legata ai danni del gelo nel Siracusano. Il 31 dicembre la forte pioggia e la neve hanno distrutto strutture come serre e capannoni, ma si sono verificati anche ingenti danni alle colture. Per questo già l'assessorato si è attivato nel ricevere le segnalazioni, ma il momento più importante sarà quello in cui si relazionerà al ministero per trovare una declaratoria che va in deroga a quello che prevede la norma sui danni per eventi calamitosi secondo la quale colture e strutture assicurabili non possono essere oggetto di aiuti. È successo però che altre regioni fino al 2013, come Veneto, Emilia, Lombardia, Piemonte, Molise, Toscana, Basilicata, per analoghe calamità hanno ottenuto una deroga e sono riuscite a risarcire i danni dei propri agricoltori. Quindi, non vedo perché essendoci già dei precedenti noi come Sicilia non siamo in grado di fare un'azione a tutela degli interessi dei nostri agricoltori».
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