ROMA. Le retribuzioni contrattuali orarie nella media del 2014 sono salite solo dell'1,3%. Lo rileva l'Istat, spiegando che si tratta del minimo storico, ovvero della variazione più bassa dal 1982, anno d'inizio delle serie. Di anno in anno quindi l'Istat non fa che aggiornare il minimo storico (nel 2013 la crescita media era stata pari all'1,4%).
Un minimo che riporta gli stipendi indietro di almeno 32 anni, il tempo di una generazione. Sul dato pesa il comparto della Pubblica Amministrazione, dove i contratti sono bloccati dal 2010 e lo saranno anche per tutto il 2015. L'unico conforto arriva dai prezzi, che sono saliti ancora meno delle retribuzioni (+0,2% nel 2014), con ripercussioni positive sul potere d'acquisto. Tuttavia si tratta di un gioco al ribasso, dove la capacità di spesa aumenta esclusivamente grazie a un'inflazione praticamente piatta.
Analizzando i singoli comparti, l'Istituto di statistica rileva "aumenti significativamente superiori alla media" per le retribuzioni di chi lavora nei settori delle telecomunicazioni (3,5%), della lavorazione della gomma o della plastica (2,9%), mentre crescite vicine allo zero si riscontrano nell'edilizia (0,5%) e nei trasporti (0,6%). Nulla si muove invece per il pubblico impiego. Guardando solo a dicembre, i salari risultano fermi su base mensile, mentre salgono appena dell'1,1% in termini tendenziali. A dicembre si allunga anche l'attesa media per vedersi rinnovare il contratto, i lavoratori a cui è scaduto devono aspettare, prima di vederselo 'aggiornato', 37,3 mesi, ovvero oltre tre anni (32,2 a dicembre del 2013).
I contratti di lavoro in attesa di rinnovo a dicembre sono 37, di cui ben 15 relativi alla Pubblica Amministrazione, per un totale di circa 7,1 milioni di dipendenti (2,9 milioni solo nel pubblico impiego). Lo rileva l'Istat. Quanti lavorano in base a un contratto scaduto sono quindi la maggioranza, il 55,5%
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