PALERMO. Il taglio dei consiglieri comunali è previsto solo dalle prossime elezioni mentre la riduzione dei compensi per sindaci, assessori e consiglieri comunali scatterà subito e si accompagna a una stretta sui permessi assegnati a chi deve assentarsi da un posto di lavoro per partecipare a sedute consiliari o di commissione. È la manovra con cui l’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, proverà a tagliare i costi degli enti locali. I testi delle norme appena scritte saranno inserite nella Finanziaria di aprile e, almeno nel caso del taglio agli stipendi, entreranno in vigore subito: «Indennità di funzione e gettoni di presenza - si legge nella bozza di Finanziaria - è ridotta del 20%». In grandi città come Catania e Palermo la riduzione per i sindaci oscillerà fra i mille e i 1.500 euro lordi al mese. I primi cittadini di una città di medie dimensioni (fra 40 mila e 100 abitanti) perderebbero fra gli 800 e i 900 euro e quelli che guidano centri con popolazione superiore a 10 mila abitanti ma inferiore a 40 mila subirebbero un taglio di stipendio di circa 700 euro al mese. Mentre un consigliere comunale di una grande città perderebbe intorno ai 25 euro a seduta. Cambierà anche la gestione dei permessi e delle licenze agli amministratori locali. I lavoratori di enti pubblici o aziende private che diventano consiglieri comunali oggi hanno diritto ad assentarsi «per l’intera giornata in cui sono convocati i consigli» mentre da quando verrà approvata la Finanziaria potranno assentarsi «per il tempo necessario a partecipare alla seduta». E i lavoratori che diventano assessori oggi possono assentarsi per le riunioni di giunta ma anche per «studiare preliminarmente l’ordine del giorno»: una possibilità, quest’ultima, che verrà meno. Assessori e capigruppo, oltre ai permessi già citati, avevano dirittto ad assentarsi dal posto di lavoro per 36 ore al mese: possibilità che scende a 24 ore al mese. Viene ridotto anche il rimborso che il Comune fa al datore di lavoro per le giornate perse dal dipendente che ricopre una carica elettiva: si scenderà dal vaore massimo di due terzi dell’indennità di sindaco a un quinto. È una norma pensata per arginare il fenomeno di doppi stipendi maturati proprio per effetto dell’elezione in consiglio comunale e di fatto entrambi a carico dell’amministrazione pubblica. Baccei ha inserito le norme nella sua bozza di Finanziaria dopo un confronto con l’assessorato agli Ento locali: «Con queste proposte - spiega il dirigente Giuseppe Morale - stiamo recuperando anni di ritardo nell’adeguarci a misure nazionali che hanno ridotto la spesa ovunque tranne che qui». E l’ultimo passaggio sarà anche la riduzione del numero dei consiglieri comunali, che a differenza del taglio agli stipendi va però rinviato a dopo le elezioni. Nela bozza di Baccei grandi città come Palermo (più di 500 mila abitanti) passeranno da 50 a 40 consiglieri. Catania, che rientra fra le città con meno di 500 mila abitanti ma più di 250 mila, scenderà da 45 a 36 consiglieri comunali. Messina, nella fascia delle città come più di 100 mila abitanti ma meno di 250 mila, scenderà da 40 a 32 consiglieri comunali. Nei Comuni con più di 30 mila abitanti ma meno di 100 mila (Ragusa, Siracusa e gli altri capoluoghi) si scenderà dagli attuali 30 a 24 consiglieri. I Comuni con più di 10 mila abitanti avranno solo 16 consiglieri, quelli con più di 3 mila abitanti scenderanno da 15 a 12. I Comuni piccolissimi avranno al massimo 10 consiglieri. Baccei, la cui bozza di Finanziaria ha già raggiunto i 67 articoli, torna anche a riproporre il taglio di alcune strutture della Regione. Nei piani dell’assessore all’Economia salterà l’Aran, l’agenzia per la contrattazione nel pubblico impiego, le cui funzione e la dozzina di dipendenti passeranno all’assessorato alla Funzione pubblica. Verrà soppresso anche l’ente Porto di Messina: le funzioni passeranno all’Autorità portuale mentre il personale «verrà successivamente ricollocato secondo le vigenti disposizioni di legge e contrattuali applicabili in caso di soppressione di ente pubblico». Il piano Baccei prevede anche la chiusura di sei dei nove uffici speciali. La norma allo studio imporrà di tenerne in vita «al massimo 3». E quelli che rimarranno perderanno lo status di dipartimenti e dunque non potranno essere affidati a dirigenti generali con relative mazi indennità: «Gli uffici speciali - si legge nella bozza - e quelli alle dirette dipendenze del presidente sono articolati solo in unità operative di base». Infine, il personale degli uffici di gabinetto (per lo più esterni all’amministrazione) subirà un taglio del 20% alla retribuzione.