Con due articoli di Giacinto Pipitone, pubblicati ieri ed oggi, questo Giornale ha illustrato le linee attraverso le quali l’agricoltura siciliana vorrebbe intraprendere un percorso virtuoso di sviluppo, archiviando l’idea, platealmente arcaica, che le politiche agricole servano soltanto a tenere in piedi un dispendioso ammortizzatore sociale. Per anni la parte più consistente delle forze politiche siciliane ha alimentato questa illusione collettiva, fino al punto da schierare un impressionante esercito di oltre 25 mila forestali, di cui solo di rado è stato possibile cogliere la reale funzione. Banalmente, se ciascun addetto alle attività forestali avesse piantato cento alberi all'anno, in un solo decennio avremmo ripopolato la Sicilia con oltre trenta milioni di alberi, facendo della nostra Isola una piccola foresta amazzonica in pieno Mediterraneo. Ma sappiamo tutti come è andata; e con appena il 3% della superficie forestale italiana, possiamo «fregiarci» del 43% delle superfici percorse dal fuoco in tutto il Paese. Oggi si vuole cambiare pagina; non si può che sottolineare l'approccio realistico dell'Assessore Caleca. Su questi intenti andrà però verificata la reale volontà dell'ARS a farne proprie le motivazioni portanti. Avuto riguardo alle enormi potenzialità inespresse delle colture siciliane, scaturisce naturalmente il sostegno a scelte di efficienza e di rigore nella spesa pubblica in agricoltura, come almeno si delineano nel documento di buoni proponimenti dell'Assessore. Oggi, la decisione di «cambiare verso» offre lo spunto per due sintetiche considerazioni. Chiudere una pletora di uffici periferici, utilizzare locali della Regione in alternativa ad onerosi affitti, snellire le procedure burocratiche, implementare l'uso delle nuove tecnologie nei rapporti con l'utenza, acquistare beni e servizi con gare centralizzate e più economiche; sono scelte di buon di senso, peraltro comuni a tanti dipartimenti regionali. Ma, la domanda sorge spontanea, era proprio necessario arrivare al «fine vita» per proporne l'attuazione? Si annuncia l'intenzione di abbattere l'apporto del bilancio regionale alle spese per i forestali da 300 milioni a 70 milioni: mandando in pensione il 25% dei forestali, scoprendo che le foreste possono produrre entrate oltre che generare uscite ed attingendo 80 milioni all'anno dai fondi europei. Questa scelta, in particolare, di impegnare fondi provenienti dall'Europa per pagare stipendi è comune ad altri rami dell'Amministrazione. Qui bisognerebbe però rimuovere un pericoloso luogo comune. L'unica speranza di rilanciare l'economia della Sicilia resta affidata al corretto utilizzo dei fondi per gli investimenti. È scritto persino nel DPEF. Che nessuno allora coltivi più la pericolosa idea che si tratta di soldi che piovono da cielo e che è possibile spendere a prescindere dall'utilità collettiva. Tanto paga «cappellaccio».