ROMA. Più diseguaglianze, meno integrazione, ceto medio corroso. Sono gli effetti della crisi secondo il Censis. L'Italia «ha fatto della coesione sociale un valore e si è spesso ritenuto indenne dai rischi delle banlieue parigine», ma le problematicità ormai incancrenite di alcune zone urbane «non possono essere ridotte ad una semplice eccezione».
La crisi economica ha diffuso in Italia «una percezione di vulnerabilità» tale da far ritenere al 60% degli italiani che a chiunque possa capitare di finire in povertà, «come fosse un virus che può contagiare chiunque».
La reazione è un «attendismo cinico», per cui non si investe e non si consuma, il contante è considerato una tutela necessaria e prevale la filosofia del «bado solo a me stesso». È la fotografia scattata dal Censis nel 48/o rapporto sulla situazione sociale del Paese.
Le famiglie italiane affrontano la crisi con una nuova vita «a consumo zero»: riducono pranzi e cene fuori casa (62%), risparmiano su cinema e svago (58%), riducono gli spostamenti in auto e moto per non spendere troppo in benzina e modificano le abitudini alimentari (44%).
È quanto rileva il Censis, secondo cui nel 2013, per il secondo anno consecutivo, le spese complessive degli italiani si sono attestate su livelli inferiori a quelli dei primi anni 2000.
Dopo la paura della crisi, è un approccio attendista alla vita che si va imponendo tra gli italiani, scrive il Censis. Si fa strada la convinzione che il picco negativo sia alle spalle. A pensarlo è il 47% della popolazione, il 12% in più rispetto all'anno scorso. Ma a prevalere è ora l'incertezza.
«Di conseguenza la gestione dei soldi da parte delle famiglie è fatta di breve e brevissimo periodo. Tra il 2007 e il 2013 tutte le voci delle attività finanziarie delle famiglie sono diminuite, tranne i contanti e i depositi bancari, aumentati in termini reali del 4,9%, arrivando a costituire il 30,9% del totale (erano il 27,3% nel 2007).
A giugno 2014 questa massa finanziaria liquida - sottolinea il Censis - è cresciuta ancora, fino a 1.219 miliardi di euro. Prevale un cash di tutela, con il 45% delle famiglie che destina il proprio risparmio alla copertura da possibili imprevisti, come la perdita del lavoro o la malattia e il 36% che lo finalizza alla voglia di sentirsi con le spalle coperte».
La parola d'ordine è: «tenere i soldi vicini per ogni evenienza, pronto cassa». Pensando al futuro il 29% degli italiani prova ansia perchè non ha una rete di protezione, il 29% è inquieto perchè ha un retroterra fragile, il 24% dice di non avere le idee chiare perchè tutto è molto incerto, e solo poco più del 17% dichiara di sentirsi abbastanza sicuro e con le spalle coperte.
«L'attendismo cinico degli italiani - rileva ancora il rapporto - si alimenta anche nella convinzione che in fondo ci sono alcune invarianti nei processi sociali che con la crisi finiscono per patologizzarsi». Per esempio, tra i fattori più importanti per riuscire nella vita il 51% richiama una buona istruzione e il 43% il lavoro duro. Tuttavia, il 29% indica le conoscenze giuste (contro il 19% della Gran Bretagna) e il 20% la provenienza da una famiglia benestante (contro il 5% della Francia).
La metà degli italiani (50,2%) ritiene che le politiche di contenimento del deficit attivate negli ultimi anni, come le manovre sulla sanità, la spending review e i Piani di rientro nelle regioni in cui sono attivati, abbiano aumentato le disparità nelle opportunità di cura.
La spesa sanitaria privata è cresciuta da 29.578 milioni di euro nel 2007 a 31.408 milioni di euro nel 2013, con una dinamica di incremento che si è interrotta solo nell'ultimo anno presumibilmente per la convergenza di spese di altro tipo sui bilanci delle famiglie.
Alle disuguaglianze antiche - spiega il Censis - se ne sono aggiunte di inedite, legate alla nuova geografia dei confini pubblico-privato in sanità e all'espansione della sanità a pagamento, che possono comportare in qualche caso anche la rinuncia a curarsi e a fare prevenzione.
Un dato che viene confermato dal 48,1% degli italiani che, alla richiesta di indicare i fattori più importanti in caso di malattia di una persona, hanno indicato il denaro che si possiede.
Queste disuguaglianze - evidenzia il rapporto - penalizzano i soggetti più fragili dal punto di vista socioeconomico e nascono da una erosione di fatto della copertura pubblica, e dalla necessità per i cittadini di ricorrere in misura maggiore a prestazioni nel privato.
Tiene tuttavia la fiducia nel Servizio Sanitario Nazionale: l'86,7% dei cittadini ritiene infatti che nonostante i suoi difetti sia comunque fondamentale per garantire salute e benessere a tutti.
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