PALERMO. Si salvano tutti, almeno fino al 31 dicembre 2015. Si salvano i precari di una cinquantina di Comuni che avendo sforato il patto di stabilità o essendo perfino in dissesto non avrebbero potuto nè prorogare i contratti nè stabilizzare. Si salvano anche i precari di quelle amministrazioni che, non avendo fatto il piano triennale delle assunzioni nè messo ordine alle piante organiche, avrebbero trovato le porte sbarrate già dal primo gennaio.
Il paracadute romano
La norma approvata mercoledì notte in commissione Bilancio alla Camera è un paracadute per ventimila precari in servizio nei Comuni e circa 700 che gravitano nell’orbita della Regione fra assessorati ed enti collegati. «Se non avessimo approvato questa deroga alla legge D’Alia dell’anno scorso - ha spiegato Angelo Capodicasa del Pd - di tutta questa platea, appena un migliaio avrebbe potuto continuare a lavorare». Ora però la Regione, entro il 31 dicembre, deve varare una propria leggina autorizzando i sindaci a prorogare i contratti in forza di questa norma.
Gli obblighi rinviati
La norma, agganciata alla legge di Stabilità, altro non fa se non spostare di un anno il limite per adeguarsi a due paletti introdotti dalla legge D’Alia: avere i conti in ordine e piante organiche che permettano nel triennio di bandire concorsi e riservare una quota dei posti alle stabilizzazioni. Due condizioni senza le quali non sarebbero possibili nemmeno le proroghe, viste come una situazione transitoria in attesa del posto fisso.
«Ma - ha spiegato ieri Paolo Amenta, vice presidente dell’Anci Sicilia - c’è una cinquantina di Comuni che ha sforato il patto di stabilità e tantissimi altri che non hanno fatto i piani triennali. Senza considerare che l’incertezza sui finanziamenti regionali ha reso difficile il percorso anche per le amministrazioni in regola». Fra i Comuni che hanno sforato il patto di stabilità o sono andati in dissesto dal 2012 in poi ci sono grandi centri come Messina, Cefalù, Bagheria, Pozzallo, Termini Imerese, Alcamo.
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