ROMA. Le “sette sorelle” dell’editoria italiana perdono copie e pubblicità, hanno bilanci in rosso e danno lavoro a sempre meno persone. È passato quasi inosservato il catastrofico rapporto 2014 di Mediobanca sui conti di Rcs, Espresso, Mondadorì, Monti Riffeser, Caltagirone, La Stampa, Il Sole 24 Ore. È uno studio che dimostra come chi possiede i giornali non spera di fare soldi: “Le perdite sono il prezzo da pagare per controllare l’informazione”, scrive Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano. Secondo il report, le perdite totali arrivano a 1,8 miliardi di euro in cinque anni. Per un calo del 24,8% della diffusione (da 2,8 a 2,1 milioni di copie vendute ogni giorno), un calo del 27,7% dei ricavi dalle vendite, nonostante il prezzo di copertina sia aumentato di 30-50 centesimi in media. Il valore in Borsa si è dimezzato, il capitale netto delle aziende editoriali è crollato del 40%. Dati negativi alla quale gli editori hanno reagito tagliando il 22% della forza lavoro, con 4.200 dipendenti messi alla porta, fra licenziamenti e prepensionamenti. Dal 2009 al 2013 il mercato è stato spietato. Per quasi tutti gli editori il costo del lavoro è superiore al valore aggiunto creato: significa che i ricavi non bastano a pagare neppure gli stipendi di giornalisti, poligrafici e impiegati. La diffusione complessiva dei quotidiani che fanno capo a 6 dei 7 maggiori gruppi (la Mondadori pubblica solo periodici) è calata del 24,8 per cento, da 2,8 milioni di copie al giorno a 2,1. La flessione più marcata è del Corriere della Sera (-28,4 per cento), seguito da Repubblica (- 27,4 per cento) mentre Messaggero, Stampa e Sole 24 Ore hanno perso copie intorno alla media, circa un quarto dei lettori. Mentre la diffusione cala del 24,8 per cento, i ricavi delle vendite dei giornali scendono in misura maggiore, del 27,7 per cento, nonostante in questi cinque anni il prezzo dei quotidiani sia salito notevolmente. Il Sole 24 Ore, per esempio, è passato da 1 euro a 1,50 come prezzo base, accusa una flessione dei ricavi del 35 per cento a fronte di un calo delle vendite del 26,8 per cento. Come se la crisi venisse fronteggiata dagli editori (tutti) con massiccia diffusione gratuita, anche a difesa del fatturato pubblicitario. Che però è andato peggio dell’edicola: – 31 per cento in cinque anni.