ROMA. Un milione di persone in piazza a Roma per dire al Governo di cambiare rotta sul Jobs act e sulla politica economica: la Cgil ha vinto la «prova di piazza» sul fronte dei numeri e ha lanciato a Renzi la sfida sulla delega del lavoro. «Se qualcuno pensa che questa è solo una fermata - ha detto il numero uno del sindacato, Susanna Camusso - sappia che si sbaglia. Ci siamo e ci saremo con la protesta e la proposta. Continueremo fino allo sciopero generale». Che la manifestazione sarebbe stata molto partecipata si è capito dalla prima mattina con il corteo di piazza della Repubblica partito oltre mezz'ora in anticipo sui tempi previsti per la quantità di persone presenti nella piazza. «È un ottimo segno - ha detto l'ex leader, Sergio Cofferati - quando c'è tanta gente partire prima è inevitabile. È una bellissima manifestazione, con lo spirito giusto, senza esasperazione». Al corteo hanno partecipato vari esponenti della minoranza Pd (tra i quali Cuperlo, Civati, Fassina e gli ex sindacalisti e ora parlamentari Guglielmo Epifani e Cesare Damiano) che hanno ribadito la necessità di modificare alla Camera il Jobs act. «Questa piazza - ha detto Camusso - è di chi ama il lavoro perchè senza lavoro non si cambia ma si arretra. Questa piazza non è una passerella di qualcuno per vedere chi c'è e chi non c'è. È la piazza del lavoro che rivendica risposte. Nessuno in buona fede - ha detto riferendosi al Jobs act - può dire che togliere l'articolo 18, demansionare i lavoratori e mettere le telecamere in azienda fa crescere il lavoro». E se il Governo ha a cuore davvero l'universalità, ha detto ancora, «estenda le tutele a tutti» piuttosto che toglierle ad alcuni. Il passaggio successivo per la protesta, dopo la grande manifestazione di sabato, se non si otterranno modifiche alla delega sul lavoro (ora all'esame della Camera) e sul ddl di stabilità in direzione di una maggiore giustizia fiscale, saranno quindi gli scioperi articolati sul territorio e infine lo sciopero generale. Per ora comunque sono già fissate iniziative unitarie (con Cisl e Uil) sul pubblico impiego per sabato 8 novembre a Roma per chiedere risorse per il rinnovo dei contratti e dei pensionati il 5 novembre a Roma, Milano e Palermo (per chiedere l'estensione degli 80 euro e maggiore sostegno agli anziani). «Ci hanno provato altri e hanno già fallito - ha detto Camusso rivolgendosi al premier impegnato nei lavori della quinta edizione della Leopolda - non si esce dalla crisi punendo il lavoro. La Costituzione dice che bisogna stare dalla parte di chi è più debole, non dare vantaggi a chi è più forte». Lunedì è previsto un incontro con il Governo sul ddl di stabilità. «Il premier - ha aggiunto il leader Cgil - ha già richiuso la sala verde. Ci ha dato appuntamento al ministero del lavoro. Voglio dire stai sereno. Non abbiamo rimpianti per la concertazione. Per farla bisogna condividere gli obiettivi per il Paese e noi i suoi obiettivi non li condividiamo». L'ipotesi di proclamare uno sciopero generale non convince il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi «Non credo francamente - ha detto al convegno dei Giovani dell'Associazione - che in questo momento di grave crisi manifestazioni o scioperi siano la migliore delle soluzioni. Tutti siamo convinti che la questione cruciale sia far ripartire il lavoro e la domanda interna».