ROMA. Se il Governo attuerà la riforma del lavoro per decreto sarà sciopero generale. A tuonare, da Cervia dove è in corso l'assemblea nazionale della Fiom con cui scenderà in piazza il 25 ottobre, è il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. E mentre l'arcivescovo di Genova e presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco afferma che l'articolo 18 non è «un dogma di fede» ma che qualsiasi decisione deve essere presa per creare posti di lavoro «se no non serve», nel Pd, in vista della direzione di lunedì, continua il lavoro di mediazione fra le varie componenti del partito. «Se si decidesse di procedere con il decreto bisognerà proclamare lo sciopero generale», dice Camusso, che intanto annuncia che insieme alla Fiom la Cgil sarà in piazza San Giovanni a Roma il 25 ottobre per «una grande manifestazione all'insegna del cambiamento del nostro Paese, a partire dalla libertà e dalla uguaglianza nel lavoro. Una manifestazione - spiega - »che inizia in una stagione per noi di conquista di un cambiamento della politica economica«. Un'iniziativa che »non è una scelta di rottura« rispetto a Cisl e Uil, con le quali anzi pensa ad un percorso unitario. Anzi: bisogna insistere sull'unità perchè "la divisione è uno straordinario strumento in mano al Governo". Il Jobs act intanto, e soprattutto l'eventuale abolizione dell'art.18, riportano ad un' "idea di lavoro servile", mentre in un'ottica di redistribuzione occorrerebbe partire »dalla patrimoniale sulle grandi ricchezze" in modo da usare "quelle risorse per far ripartire l'occupazione". Per il leader Fiom Maurizio Landini piazza San Giovanni sarà l'inizio della mobilitazione, perchè »non abbiamo intenzione di accettare peggioramenti e stravolgimenti dei diritti dei lavoratori«. Riprende l'espressione del premier Renzi a Detroit invece il segretario dimissionario della Cisl Raffaele Bonanni, che invita il presidente del Consiglio a portare "i lavoratori della serie B alla serie A: questo è un valore". Sul nodo articolo 18 che in queste ore tiene banco nella discussione sulla riforma del mercato del lavoro, è intervenuto anche il cardinale Bagnasco. »Non ci sono dogmi di fede e non ci sono dogmi di nessun genere per quel che riguarda le prassi sociali« ha detto il porporato. "Anche questo nodo deve essere affrontato con una sola intenzione, un solo obiettivo: bisogna valutare questa questione in chiave propositiva perché qualunque decisione, qualunque modo di affrontare l'articolo 18, deve mirare a creare posti di lavoro o altrimenti non serve a niente. Vincerà un'idea ma non vincerà il bene di tutti". In attesa del redde rationem di lunedì, quando si terrà la direzione, nel Pd le varie anime che compongono le minorante sono in fibrillazione. L'attesa è per le parole di Renzi ma, al di là delle dichiarazioni più o meno concilianti, senza concessioni sostanziali sono pronte a votare no. Dall'opposizione Brunetta (Fi) plaude al premier ma appare preoccupato che quest'ultimo riesca a governare i gruppi del suo partito e Maurizio Sacconi (Ncd) raccomanda norme certe evitando pastrocchi. Il Jobs act intanto riprenderà il suo cammino in Sanato mercoledì e il sottosegretario al lavoro Teresa Bellanova spera in un via libera entro il 10 ottobre.