«L'analisi degli andamenti economici nell'ultimo quadriennio 2008-2011 mostra come il Mezzogiorno abbia subito più del Centro-Nord le conseguenze della crisi. L'impatto delle recenti manovre estive rischia non solo di frenare la crescita nazionale ma anche di risultare assai gravoso per l'economia e la società meridionali. La manovra si prospetta dunque come uno shock asimmetrico dal punto di vista territoriale». Riccardo Padovani, direttore Svimez, commenta i dati del Rapporto 2011, soffermandosi sulla realtà del Mezzogiorno e sulla Sicilia.
Quali sono gli indicatori economici principali di cui bisogna tenere conto per capire le chances di ripresa del nostro Sud?
«Partirei dall'effetto cumulato delle tre manovre (manovra 2010, d.l. 98/2011 e d.l. 138/2011) che a regime nel 2013 sarà di circa 80 miliardi di euro. La ripartizione territoriale dei costi mostra, secondo le stime Svimez, che mentre sotto il profilo delle entrate, la distribuzione Nord-Sud tende a ricalcare il peso di ciascuna area in termini di PIL (76% dell'incremento delle entrate al Nord, a fronte del 24% al Sud), un maggiore contributo delle regioni meridionali al risanamento finanziario si avrebbe sul fronte della riduzione delle spese. Il Sud, infatti, contribuirebbe per ben il 35% del totale nazionale, una quota superiore al suo peso economico. Consideriamo che in termini di quota percentuale sul PIL, la manovra nel 2013 dovrebbe pesare 6,4 punti al Sud e 4,8 punti nel Nord. Ciò è dovuto in particolare ai tagli consistenti agli enti territoriali, ottenuti attraverso l'irrigidimento del patto di stabilità, e più in generale alla prevista contrazione degli investimenti pubblici nazionali e regionali».
Se questi sono i dati, difficile essere ottimisti, non Le pare?
«Credo che una fuoriuscita dalla crisi e una ripresa della crescita e dello sviluppo non sia per il Mezzogiorno affatto impossibile. Si rendono quindi indispensabili azioni compensative che possono essere di due tipi: vanno da un lato sperimentate misure in grado di ridurre l'impatto sociale della crisi nel breve termine con forme di sostegno ai redditi, ponendo grande attenzione ai rischi di tagli indiscriminati alle prestazioni sociali; dall'altro vanno attuate politiche selettive e di rigore in termini di spending review che devono garantire la salvaguardia di quegli spazi utili al rilancio della spesa in conto capitale, destinata allo sviluppo. L'operatore pubblico dovrà responsabilmente delineare una strategia nazionale complessiva, che non può certo essere affidata alla spontanea allocazione del mercato. Sono necessari interventi di "politica attiva dell'offerta" in campo infrastrutturale, industriale e dell'innovazione».
Qual è lo stato di salute dell'industria del Sud e della Sicilia?
«Il calo del prodotto industriale è stato nel triennio 2008-2010 di oltre il 17% nel Sud, a fronte del 14% registrato nel resto del Paese. Il crollo dell'occupazione manifatturiera è stato nel Mezzogiorno sempre nel triennio 2008-2010 di ben 120.000 unità, pari al -14%. In Sicilia, in particolare gli occupati risultano 12.000 in meno, pari al -12%, a fronte del -7% registrato nel resto del Paese. La capacità competitiva dell'industria meridionale si è dunque significativamente indebolita. Lo spazio di mercato sull'estero delle imprese meridionali, storicamente ridotto, non si è modificato nel corso dell'ultimo decennio, mentre è venuto restringendosi quello interno, che era il tradizionalmente uno sbocco privilegiato. La crisi ha portato a compimento un processo di ridimensionamento dei vantaggi comparati del Sud nei settori tradizionali del Made in Italy: alimentare, tessile, abbigliamento e calzature. L'aggravante è data dal fatto che la sempre maggiore integrazione che vi è nell'economia mondiale determina per il Mezzogiorno uno spiazzamento per le produzioni locali in cui è prevalente la componente di lavoro non qualificato, con evidenti riflessi sul livello dell'occupazione manifatturiera».
Internazionalizzazione e competitività. Con quali strategie le industrie del Sud possono guadagnare nuovi mercati di sbocco?
«Nel Mezzogiorno una politica di rilancio industriale dovrebbe essere attenta a promuovere una logica di filiera, finalizzata a favorire innovazioni organizzative e di prodotto e la collaborazione tra le imprese. È evidente che per perseguire queste finalità non saranno sufficienti le sole risorse endogene, bisognerà attrarre anche investimenti esterni, nazionali e internazionali. Ricerca e innovazione, valorizzazione del capitale umano, competenze e risorse esterne da combinare con la mobilitazione di quelle locali, dovrebbero essere le linee guida per una efficace strategia di filiera».
Le energie alternative cui il Rapporto dedica un ampio capitolo, possono essere un volano per il rilancio dell'economia meridionale?
«Sul fronte della produzione delle "nuove" fonti rinnovabili (eolico, solare, biomasse e biogas) il Mezzogiorno mostra un vantaggio competitivo dovuto all'esistenza di un rilevante "potenziale rinnovabile". Nel 2009, in quest'area è stato prodotto il 64% di tutta l'energia generata da queste tre fonti nel nostro Paese. Opportunità potrebbero inoltre dischiudersi per il Sud con lo sviluppo dell'energia geotermica, che tra le rinnovabili, è quella che presenta il più alto potenziale di sviluppo pari, a livello mondiale, a circa tre volte più del solare e dieci volte più dell'eolico. Le aree con la maggiore ricchezza geotermica vanno dalla Campania, alla Sicilia alle Isole Eolie. Le tecnologie necessarie al suo utilizzo sono per altro presenti sul mercato nazionale: Enel vanta un'esperienza ultracentenaria in questo campo, con Enel Green Power, è il terzo produttore al mondo di energia elettrica da fonte geotermica. Così come il Sud rappresenta la "Mecca" delle fonti rinnovabili, il Mezzogiorno tirrenico, e il mare antistante la Sicilia, potranno rappresentare la "Mecca" del promettente campo della geotermia, quale altra "frontiera" da esplorare e sviluppare».
"Industrie in Sicilia, competitività e occupazione a picco"
L'analisi di Riccardo Padovani, direttore Svimez, che commenta i dati del Rapporto 2011, soffermandosi sulla realtà dell’Isola. "L'impatto delle recenti manovre estive rischia non solo di frenare la crescita nazionale ma anche di risultare assai gravoso per l'economia e la società meridionali"
Caricamento commenti
Commenta la notizia