ROMA. Sergio Marchionne attacca ("Senza l'Italia la Fiat farebbe meglio"), i sindacati controbattono ("parla come fosse a capo di una multinazionale straniera"), il governo, per bocca del titolare al Lavoro, Maurizio Sacconi, precisa ("Marchionne non dimentichi che i sindacati e le istituzioni si sono già rese concretamente disponibili ai necessari cambiamenti").
La 'provocazione' dell'amministratore delegato della Fiat, intervistato per la prima volta in televisione da Fabio Fazio a 'Che tempo che fa', non tarda a scatenare una serie di reazioni nel mondo sindacale e politico italiano. "Senza l'Italia - attacca - Fiat farebbe meglio, ma il Lingotto nel Bel Paese ci vuole stare ed è disposto a monetizzare con aumenti salariali l'incremento di efficienza nelle fabbriche, ritenuto come l'anello debole del sistema". E insiste sul 'nuovo corso' avviato con la Fabbrica Italia: "Fiat - dice - potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia", aggiungendo che "nemmeno un euro dei 2 miliardi dell'utile operativo previsto per il 2010 arriva dall'Italia". Secondo Marchionne, poi, "Fiat non può continuare a gestire in perdita le proprie fabbriche per sempre".
Parole che, alle orecchie dei sindacato suonano più o meno come un ennesimo schiaffone: Marchionne parla "come se la Fiat fosse una multinazionale straniera che deve decidere se investire in Italia", attacca Giorgio Airaudo (Fiom).
Un servizio nel Giornale di Sicilia in edicola oggi.