Giovedì 21 Novembre 2024

È morto Quincy Jones, lanciò la carriera di Michaal Jackson e scoprì Will Smith

Quincy Jones

Quincy Jones, titano dell’industria musicale, collaboratore di Michael Jackson e Frank Sinatra, è morto a 91 anni. La notizia è stata confermata dal suo agente, Arnold Robinson. Quincy Jones era un jazzista e compositore le cui abilità di arrangiatore hanno coinvolto innumerevoli star del XX secolo. Da Frank Sinatra a Michael Jackson, dal jazz all’hip-hop, Jones ha tenuto il polso del pop nel corso di una carriera lunga più di 70 anni.

Lanciò la carriera di Michaal Jackson

Socievole e schietto, con un sorriso malizioso, la sua stessa vita è stata una travolgente cavalcata nella storia della musica contemporanea: amico già durante l’adolescenza di Ray Charles, direttore musicale di Dizzy Gillespie, arrangiatore di Ella Fitzgerald e guida dietro l’ultima grande esibizione di Miles Davis che è diventata l’album dal vivo «Miles & Quincy Live at Montreux». Ha prodotto tutti: da Aretha Franklin a Celine Dion, e ha innescato un terremoto culturale lanciando la carriera da solista di un giovane Michaal Jackson, un matrimonio musicale che ha prodotto «Thriller» e cambiato il pop per sempre. «Qualunque cosa, Quincy l’ha fatta. E’ stato in grado di prendere questo suo genio e tradurlo in qualsiasi tipo di suono che ha scelto», ha detto il pianista jazz Herbie Hancock a PBS nel 2001, «Non conosce paura. Se vuoi che Quincy faccia qualcosa, devi dirgli che non può farlo e ovviamente lui lo farà, eccome se lo farà». Quincy Delight Jones Jr. era nato il 14 marzo 1933 a Chicago, da una madre che soffriva di schizofrenia e finì in manicomio quando lui era un ragazzino. Lui e suo fratello Lloyd vivevano con la nonna, un’ex schiava, a Louisville, Kentucky, un periodo così duro da costringere la famiglia a mangiare topi fritti. Da preadolescente, tornò a Chicago per vivere con il padre, che lavorava come falegname per la mafia. «Fino a 11 anni abvrei voluto fare il gangster», ha detto Jones nel documentario Netflix del 2018 sulla sua carriera, diretto dalla figlia, l’attrice Rashida Jones. Poi i fratelli Jones si trasferirono a Seattle, dove in un centro ricreativo Quincy scoprì il proprio talento per il pianoforte e la storia ebbe inizio. «Avevo trovato un’altra madre», ha scritto nella sua autobiografia del 2001.

L'inizio nei locali

Jones iniziò a suonare in locali, scrivendo la sua prima composizione, sviluppando abilità nell’arrangiamento musicale e iniziando a suonare la tromba. Incontrò un Ray Charles adolescente dopo un’esibizione del futuro pioniere del blues e del bebop, e il duo divenne un pilastro della scena musicale locale. Jones studiò brevemente al Berklee College of Music nel Massachusetts prima di unirsi a Lionel Hampton in tournee, per poi trasferisrsi a New York, dove attirò l’attenzione come arrangiatore di come Duke Ellington, Dinah Washington, Count Basie e, naturalmente, Ray Charles. Gli anni ‘50 lo videro tornare in tournee, in particolare in Europa. Suonò la seconda tromba in «Heartbreak Hotel» di Elvis Presley, collaborando con Gillespie per diversi anni prima di trasferirsi a Parigi nel 1957, dove studiò con la leggendaria compositrice Nadia Boulanger. Attraversò l’Europa con numerose orchestre jazz, ma iniziò a rendersi conto che un nome e un talento non sempre si traducevano in denaro. Ritrovandosi profondamente indebitato, si unì al lato commerciale della musica, ottenendo un lavoro alla Mercury Records dove alla fine arrivò a ricoprire il ruolo di vicepresidente. Per Hollywood compose colonne sonore per film e programmi televisivi. Iniziò a lavorare con Sinatra, per il quale ha arrangiato la versione più famosa di «Fly Me To The Moon», e nacque un rapporto musicale e personale che sarebbe continuato fino alla morte del cantante. Mentre produceva la colonna sonora per il musical «The Wiz» con Diana Ross e Michael Jackson, Jones avviò la collaborazione che avrebbe dato vita a «Thriller», l’album più venduto di sempre nel settore. Un fenomeno che sorprese persino lui, tanto da definirla «inspiegabile». «Non è una cosa che puoi costruire al atvolino, alla quale puoi puntare» disse a Rolling Stone, «è per questo che tengo in studio un cartello con su scritto "Lascia sempre spazio a Dio per entrare nella stanza"».

Scoprì Will Smith

Nonostante avesse lavorato con le star più popolari del mondo dello spettacolo, raccogliendo sufficienti a riempire un’enciclopedia e con un curriculum che si legge come un romanzo, Jones non si accontentò dei suoi innumerevoli successi. Fondò un’etichetta, una rivista hip-hop e produsse il programma televisivo di successo degli anni ‘90 «Il principe di Bel-Air», scoprendo Will Smith. Ha portato Oprah Winfrey alle masse, trasformandola da conduttrice di talk show di Chicago a interprete da Oscar per «Il colore viola» diretto da Steven Spielberg, al quale l’aveva presentata. Ha sostenuto Martin Luther King Jr e una serie di cause umanitarie, in particolare in Africa. Per raccogliere fondi per la carestia in Etiopia nel 1985, radunò decine di popstar per un’operazione ormai leggendaria: «We Are the World». Habituè del circuito delle feste dei VIP, in cui conosceva tutti quelli che contavano, si salvò per miracolo quando dimenticò l’invito a cena a casa di Sharon Tate, la sera in cui la famiglia Manson compì il massacro entrato nella storia. Ebbe tre mogli: le attrici Jeri Caldwell e Peggy Lipton e Ulla Andersson, attrice ed ex modella svedese e ha avuto sette figli, tutte femmine tranne una, con cinque donne diverse. Soffrì di diversi problemi di salute, tra cui un aneurisma cerebrale quasi fatale nel 1974, che lo costrinse a smettere di suonare la tromba.  Ebbe un «crollo nervoso» da superlavoro nel 1986 e nel 2015 entrò in coma diabetico ed ebbe un enorme coagulo di sangue, che lo spinse a rinunciare all’alcol. Tra le figure più decorate dell’intrattenimento, Jones ha praticamente ricevuto tutti i principali premi alla carriera, tra cui 28 Grammy Awards, un Emmy, un Tony e un Oscar onorario.  

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