«Beh, quando a uno scrittore che hai scelto arriva un Nobel, è la conferma che hai fatto la scelta giusta». A poche ore dall’annuncio del Premio Nobel per la letteratura a Jon Fosse, così racconta all’Ansa Pamela Villoresi (nella foto), da sempre interprete in palcoscenico di personaggi di grande temperamento e da anni alla guida del Teatro Biondo di Palermo.
Nella seconda metà di stagione sarà lei, accanto a Giovanna Mezzogiorno, Michele Di Mauro e Giordana Faggiano, la protagonista de La ragazza sul divano, spettacolo coprodotto dallo Stabile di Torino con il Biondo, che Valerio Binasco dirigerà (e interpreterà) dal testo dello scrittore norvegese del 2002. Il debutto al Carignano di Torino il 5 marzo, poi lunga tournée anche a Milano, Roma, Napoli e al Biondo dal 25 aprile.
«Desideravo da anni lavorare con Binasco - racconta Villoresi -. Anzi, quando mi ha chiamato ho accettato prima ancora che mi inviasse il testo. Poi l’ho letto e me ne sono innamorata. Adoro i tempi del grande Nord, da Il temporale di Strindberg che feci con Strehler a La donna del mare di Ibsen. I film di Bergman mi hanno cambiato la vita. E Fosse è un po’ l’erede di questa tradizione».
Autore in realtà ancora poco frequentato dal teatro italiano, che ha fatto del «dire l’indicibile», ovvero ciò che la lingua non sa e non può dire, la sua poetica, oggi Fosse ha proprio in Binasco il suo massimo interprete, con ben sei spettacoli messi in scena, da Qualcuno arriverà nel 2007 a Sogno d’autunno, dieci anni più tardi. Ne La ragazza sul divano, una donna di mezza età, interpretata da Villoresi, dipinge un ritratto di una ragazza, combattendo dubbi sulle proprie capacità artistiche. L’immagine che la perseguita è in realtà l’istantanea di lei stessa da giovane: litiga con la madre e invidia la sorella, anela il ritorno del padre con una passione al limite del lecito.
«Inizieremo le prove a febbraio», prosegue Villoresi, che sta per riprendere Seagull Dreams di Irina Brook, mentre Binasco è alla vigilia di Diari d’amore, prima regia teatrale di Nanni Moretti. «Ma immagino che lo “binaschizzerà”, come fa sempre con i suoi spettacoli - dice -. Il testo, come d’altronde tutte le opere di Fosse, si distingue per la scrittura contemporanea. È pieno di riflessioni esistenziali, altro tratto tipico del grande Nord. Fosse, poi, è un uomo che scrive per le donne, costruendo personaggi importanti. Anche Ibsen, Bergman. Ecco - riflette - torniamo lì, gli autori del grande Nord scrivono per noi donne. Il mio personaggio? Quando ti ritrovi davanti a te stessa, le cose da dirsi sono molte. Se penso a me che faccio teatro a quindici anni, che mi impongo con la famiglia e sfido anche il non avere un soldo, sono profondamente grata. La mia protagonista invece è piena di contraddizioni. D’altronde se non fai la vita che ti piace o ti assomiglia, si crea un divario tra quello che hai sognato e quello che sei, con sensi di rivalsa e rimpianti».
«È una bellissima operazione - conclude -. E poi un autore che vince un Nobel conferma una scelta giusta, lo dico anche come coproduzione. Non è la prima volta: anni fa ci capitò con Appuntamento a Londra di Vargas Llosa che poi vinse il Nobel. Eravamo al Parioli a Roma e lo invitammo. Fu ricevuto anche in Parlamento. Ora ci metteremo subito al lavoro per Fosse e lo inviteremo a teatro».
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