Annie Ernaux, la scrittrice che ha fatto dell’autobiografia un messaggio universale e del rapporto tra memoria e scrittura il fondamento delle sue opere, è la prima donna francese a vincere il Premio Nobel per la Letteratura.
È un «grande onore» e una «responsabilità» ha detto poco dopo l’annuncio alla tv svedese.
Diciasettesima donna su 118 premiati dall’Accademia di Svezia, la Ernaux ha raccontato la scoperta del sesso, l’amore, l’aborto clandestino, la vergogna, le disuguaglianze tra uomini e donne, i disturbi alimentari, la bulimia in romanzi culto come «Gli anni», con cui ha vinto il Premio Strega Europeo nel 2016, in «Memoria di ragazza», «La donna gelata» e «L’evento» diventato un film di Audrey Diwan, che ha vinto il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia 2021.
«Forse il vero scopo della mia vita è soltanto questo: che il mio corpo, le mie sensazioni e i miei pensieri diventino scrittura, qualcosa di intelligibile e di generale, la mia esistenza completamente dissolta nella testa e nella vita degli altri» aveva detto nel 2019, in occasione dell’uscita in Italia de «L’evento».
Ed è gran festa alla casa editrice indipendente L’Orma, suo editore italiano che quest’anno compie 10 anni e ha pubblicato sei libri della scrittrice francese, il settimo «Il ragazzo» in cui racconta il rapporto con un diplomatico russo, è in arrivo il 9 novembre, sempre nella traduzione di Lorenzo Flabbi.
Nel catalogo Bur è uscito in edizione tascabile nel 2013, «Passione semplice».
Vincitrice del Premio Mondello 2022, che le è stato consegnato all’ultima edizione del Salone del Libro di Torino e del Premio Gregor von Rezzori 2019 con «Una donna», la Ernaux ha anche realizzato con il figlio David il suo primo docu-film «Les Annes Super 8» tratto da filmini di famiglia, con la sua voce fuoricampo, presentato alla Quinzaine des Realisateurs al Festival del Cinema di Cannes 2022. Per la prima italiana del film la Premio Nobel 2022 è attesa il 22 ottobre alla Festa del Cinema di Roma. Poi, il 24 e 25 ottobre, sarà a Bologna per Archivio Aperto.
Ottantadue anni da poco compiuti, premiata «per il coraggio e l’acutezza clinica con cui ha svelato le radici, gli straniamenti e i vincoli collettivi della memoria personale, la Ernaux è nata l’1 settembre 1940 a Lillebonne, vicino a Rouen, nella Senna Marittima ed è cresciuta nella piccola città di Yvetot in Normandia, dove i suoi genitori avevano un caffè-drogheria. Una realtà che ha raccontato in «La donna gelata» in cui i ruoli in famiglia sono ribaltati e per lei bambina è normale sia così: il padre lava i piatti, cucina, esce poco di casa e la madre sposta scatoloni e cassette di prodotti, si occupa dei clienti e fornitori del caffè -drogheria che gestiscono insieme. Professoressa di lettere moderne, negli anni Settanta militante nel movimento femminista, la scrittrice francese ha esordito nel 1974 con il romanzo «Les armoires vides» («Gli armadi vuoti») ma è stato il suo quarto libro del 1983, «La place» («Il posto»), con cui ha vinto il Premio Renaudot, a segnare la svolta letteraria. In poche centinaia di pagine ha fatto un ritratto spassionato di suo padre e dell’intero ambiente sociale che lo aveva fondamentalmente formato.
Delicata, con una classe innata, la Ernaux, pubblicata in Francia da Gallimard usa il linguaggio come «un coltello», come lo chiama lei, per squarciare i veli dell’immaginazione.
Nei suoi libri la troviamo tornare indietro nel tempo e nella memoria ai 18 anni, poi a 25 anni, al suo essere moglie, madre, donna, alla maturità in un riavvolgersi e srotolarsi degli avvenimenti in cui racconta anche la Liberazione, l’Algeria, de Gaulle, il ‘68, l’emancipazione femminile, la maternità, Mitterrand come accade ne «Gli anni» o le ingiustizie che ci mostrano i semplici gesti quotidiani come accade in «Guarda le luci amore mio», il suo ultimo romanzo uscito in Italia, in cui per un anno ha annotato in una sorta di diario le sue escursioni al supermercato tra «impotenza e ingiustizia». E ci dice anche quanto sia necessario non considerare nulla mai conquistato per sempre.
«Non sapevo se ero stata ai confini dell’orrore o della bellezza. Provavo un senso di fierezza. Forse la stessa dei navigatori solitari, dei drogati e dei ladri, quella di essersi spinti fin dove gli altri non oserebbero mai andare. Può darsi sia qualcosa di quella fierezza ad avermi fatto scrivere questo racconto» aveva detto la Ernaux parlando de «L’evento».
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