E’ già passato un anno dalla morte di Franco Battiato, il 18 maggio 2021: gli italiani hanno ascoltato per l’ultima volta la sua voce durante Sanremo 2020, grazie a Colapesce e Dimartino che, nella serata delle cover, hanno interpretato «Povera Patria», dando spazio alla voce del Maestro che ha sempre svolto un ruolo di affettuoso nume tutelare per le nuove generazioni di artisti siciliani. E’ stato un anno doverosamente ricco di omaggi che non sono riusciti a colmare il senso di vuoto lasciato da un personaggio unico, uno studioso dagli orizzonti amplissimi che sapeva praticare l’arte della canzone pop ma che, grazie alla sua cultura dai vasti orizzonti, usava linguaggi e riferimenti diversissimi, sia in campo musicale che in altre forme di espressione artistica, come il cinema, la pittura, l’opera. Un’intelligenza raffinata e arguta che manca al Paese, come mancano il suo umorismo e la sua libertà di pensiero. Battiato aveva per i luoghi comuni del potere la stessa avversione che aveva nei confronti dell’industria: diceva senza mezzi termini di vergognarsi dei suoi grandi successi commerciali così come si divertiva a sottolineare gli svarioni dei discografici, come quello che promise di cambiare mestiere se «Il vento caldo dell’estate» fosse diventato un successo. “Quando arrivò al primo posto gli telefonai: era sempre seduto sulla sua poltrona» raccontava sibillino. L’aplomb lo perdeva quando si parlava dello stato della Cultura nel nostro Paese, ma anche della situazione acustica dei teatri. In lui convivevano l’allievo di Stockhausen e l’autore di canzoni pop entrate nella storia del costume, il cultore di filosofie orientali, del Sufismo, della meditazione trascendentale, del pensiero di Gurdjeff e lo spirito del rock, l’amore e la conoscenza profonda della musica antica e classica e lo sperimentatore elettronico che negli anni ‘70 si allineava al rock d’avanguardia, il cantautore di protesta, il pittore e il regista cinematografico. Era un uomo libero e un intellettuale che ha sempre guardato la società e il mondo da un punto di vista personale e originale, molto spesso in anticipo sui tempi. Così come è stato un precursore della musica elettronica, Battiato è stato un cultore di musica classica e sinfonica che nei suoi racconti sembrava monopolizzare i suoi ascolti nel tempo libero. Però la lista delle sue collaborazioni va da Claudio Baglioni ai CSI, da Enzo Avitabile a Pino Daniele, dai Bluvertigo a Tiziano Ferro, Celentano, Subsonica, Marta sui Tubi, senza contare il decisivo ruolo svolto nelle carriere di Alice e Giuni Russo. Non è certo un caso che continui a essere un punto di riferimento: i giovani vedono in lui un modello di originalità e di curiosità, quelli più grandi un difensore dell’intelligenza in un mondo che troppo spesso ne dimentica l’importanza. Franco Battiato ha lasciato un’eredità straordinaria in termini artistici ed etici: cercare sempre qualcosa che possa portarci al di là della superficie, alla ricerca di un altrove che non sia soltanto una realtà ulteriore ma un modo diverso di affrontare la vita e di definire l’arte e il ruolo dell’artista.