Domenica 24 Novembre 2024

La mancata cattura di Matteo Messina Denaro, i misteri nell'ultimo libro di Marco Bova

Matteo Messina Denaro

Ma come è possibile che Matteo Matteo Messina, dopo decenni di ricerche, non sia mai stato preso? La caccia infinita intorno al latitante più ricercato del mondo ha al suo centro la storia di una fonte che l’autore ha curato in persona, l’appuntato Carlo Pulici comparso già, con l’approvazione dell’autore stesso, in alcune trasmissioni TV (Report e La7) ma soltanto per raccontare una parte della sua storia. Una storia ricostruita da Marco Bova nel suo ultimo libro, "Matteo Messina Denaro, latitante di Stato". Ex assistente della pm Teresa Principato, per la prima volta Pulici si racconta per intero in un’intervista a Marco Bova, il suo punto di vista accompagna quasi per intero gli sviluppi del libro tutto ma restandone allo stesso tempo indipendente. Il finanziere, che per decisione del magistrato aveva una scrivania all’interno del suo ufficio, dopo trent’anni in Procura a Palermo, nell’estate 2015 viene allontanato dall’ufficio. Formalmente a causa di una denuncia di un collega riguardanti delle molestie telefoniche: denuncia poi archiviata che si rivelerà soltanto un pretesto per immobilizzare l’appuntato e fermare le sue indagini con un crescendo di accuse sempre più gravi per la reputazione di Pulici stesso. Le denunce finiranno poi infatti in tante assoluzioni a Caltanissetta. Quello che emerge da questa vicenda, snodo cruciale della mancata «presa» di Messina Denaro, è che le inchieste che travolgono il finanziere Pulici finiranno per travolgere sia la stessa Principato, all’epoca a capo del pool sulla caccia a Matteo, sia il procuratore di Trapani, Marcello Viola, impegnato con lei nel pool, i quali oltre a occuparsi di arrestare l’imprendibile stavano anche collaborando all’indagine sulla massoneria trapanese e le protezioni eccellenti di cui gode da sempre il latitante, come infatti conferma all’autore la pm Principato: «Sono stata fermata mentre erano in corso le indagini proprio sulla massoneria». Entrambi, Principato e Viola finiscono per essere indagati e poi imputati in un processo per questi fatti ed entrambi saranno assolti. L’inchiesta sulla massoneria proseguirà senza sviluppi significativi soltanto a Trapani, dove i carabinieri hanno arrestato un gruppo di massoni di Castelvetrano, tra cui l’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto (amico di Messina Denaro). Indicativa è, al riguardo, la riproduzione nel libro di un elenco di massoni a oggi ignota all’opinione pubblica (p. 207). Il ciclone Pulici ha travolto anche gli accertamenti sulle piste estere in Gran Bretagna e in Spagna, ma soprattutto le dichiarazioni del pentito Giuseppe Tuzzolino che nel 2017 verrà arrestato e condannato per calunnia. Un collaboratore con i suoi chiaro scuri ma che, soprattutto all’inizio, ha contribuito a fornire dettagli preziosi sulle protezioni eccellenti a beneficio del latitante e che via via sarà descritto come bugiardo patologico. Nel corso delle indagini, Pulici – che era il referente di Tuzzolino - è stato perfino accusato di aver intrattenuto con lui contatti non autorizzati, ma lo spunto è finito in archiviazione per mancanza di elementi. Tutte le indagini su Pulici, Principato e Viola sono state svolte dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo e dal colonnello Francesco Mazzotta, che era a conoscenza della collaborazione investigativa dei tre, testimoniata dalle chat di WhatsApp (acquisite nel corso dei processi) e da foto inedite di un viaggio in elicottero per perlustrare un potenziale covo di Messina Denaro riprodotte nel libro stesso. Nonostante questo, Mazzotta non si farà scrupoli. Inedita e centrale alla vicenda è poi la storia della scomparsa dei file d’indagine custoditi dal finanziere di cui per fortuna aveva copia ma che sono sicuramente finiti in mani oscure. Intercettazioni, verbali, materiale info investigativo tutto convogliato nelle mani di chi ne ha fatto e ne farà uso altro da quello preposto. La sconcertante scomparsa dei dispositivi di Pulici, custoditi all’interno dell’ufficio della pm Teresa Principato, è stata infatti denunciata dall’avvocato Antonio Ingroia alla Procura di Caltanissetta, per “gravi omissioni” della Procura di Palermo. Secondo l’avvocato i pm palermitani avrebbero dovuto trasmettere l’inchiesta ai colleghi nisseni, anziché trattenerla e archiviarla a modello 45, cioè i fascicoli privi di notizia di reato. La vicenda, descritta nei dettagli nel libro-inchiesta, si va a intersecare al subdolo gioco delle piste (che potevano portare alla cattura di Messina Denaro) svelato in un apposito capitolo del libro; piste via via affossate, fatte cadere o abbandonate e nel quale per certi versi rientra anche la vicenda sin qui rimasta inedita per il modo in cui viene raccontata, del cosiddetto sindaco dei misteri, Antonio Vaccarino che rilascia l’ultima intervista all’autore prima di morire di Covid in carcere. Mentre infatti era in corso la caccia a Provenzano, si era tentata l’opportunità di afferrare Matteo tramite il discusso ex sindaco. Questa vicenda altra è svelata in modo inedito con verbali e interviste che nella loro contraddizione mettono a nudo una parte ancora oscura degli anni legati alle stragi degli anni 90. Intanto, Pulici dopo il suo allontanamento dalla Procura di Palermo al rientro dalle ferie estive del 2015, verrà autorizzato a recuperare i suoi file soltanto a dicembre di quell’anno. Il colpo di scena però non tarda ad arrivare: durante l’accesso, accompagnato da alcuni funzionari, Pulici si accorge che mancano all’appello un mini pc da 10’’, utilizzato per tutte le trascrizioni e in cui vi erano custoditi i file di indagine su Messina Denaro, e due pen-drive contenenti il backup. Dove sono finiti quei dispositivi? La storia della cattura mancata di Matteo Messina Denaro, che da quasi trent’anni macchia la buona volontà del nostro Paese ad acciuffare l’”ultimo dei corleonesi” (quasi sicuramente in possesso di segreti che come incubi ancora ci inseguono) è anche il risultato di una fitta coltre di sovrapposizioni tra strutture investigative, procure, forse dell’ordine e qualche magistrato compiacente come emerge dalla riproduzione inedita di una intercettazione (p. 99). Una lunga caccia che se da un lato, come si leggerà, ha prodotto una lunga serie di depistaggi ed ostacoli agli investigatori in buona fede, si rivelerà anche panacea per una fitta lista di personaggi che da questa monca avventura hanno beneficiati in termini di carriera.

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