Will Smith, Will
(Longanesi, pp 432, euro 26.00).
L’incontro con Steven Spielberg nella sua tenuta negli Hamptons «ansioso ed eccitato all’idea di parlarmi di Men in Black». Quello con Quincy Jones nel 1990 a una festa nella sua villa a Los Angeles dove davanti a tutti gli ospiti, tra cui Spielberg, Tevin Campbell, Stevie Wonder e Lionel Richie, da un provino a sorpresa è nata una delle più fortunate serie tv di tutti i tempi ‘Willy, il principe di Bel Air’. E poi quello con il campione Muhammad Alì che «quando sollevò gli occhi e mi vide, si esibì nella sua celebre espressione corrucciata, mordicchiandosi buffamente il labbro inferiore con gli incisivi superiori. ‘Chi ha fatto entrare questo babbeo?’ urlò, balzando in piedi».
Will Smith, rapper, attore, produttore, icona pop globale, si racconta per la prima volta a 53 anni in ‘Will’, un’autobiografia scritta con l’autore e blogger Mark Manson, con un inserto fotografico inedito, che esce il 9 novembre 2021 e arriva nelle nostre librerie l’11novembre per Longanesi nella traduzione di Paolo Lucca e Giuseppe Maugeri.
Non è solo il racconto della folgorante carriera e di una delle personalità più dirompenti di Hollywood, ma anche il memoir intimo di un viaggio alla scoperta di sé, della propria forza di volontà, del percorso intimo di un uomo, di un genitore, marito e di un figlio cresciuto in una famiglia con un padre autoritario, violento, alcolizzato. Un libro travolgente che esce mentre è in arrivo il film ‘King Richard-Una famiglia vincentè, prodotto dalla Warner Bros, in cui Will Smith interpreta Richard Williams, il padre delle icone americane Venus e Serena Williams.
Da bambino ansioso e apprensivo cresciuto nei sobborghi borghesi di Philadelphia, a star di Hollywood, mattatore incontrastato, trionfatore dei botteghini, tutta l’incredibile storia di Will Smith, l’ex Principe di Bel-Air che ha fatto sognare e ridere intere generazioni con le sue avventure sul grande schermo, viene ripercorsa mettendo in scena uno scontro epico tra amore, ambizioni, paure e successo.
E come sempre è l’infanzia il punto cruciale della storia, il momento determinante di tutta la nostra vita. E nell’infanzia di Will c’è la paura e il grande timore del padre violento e alcolizzato. «Il modo in cui decidiamo di rispondere alle nostre paure determina la persona che diventiamo. Io ho deciso di essere divertente. Volevo compiacerlo, volevo placarlo, perché credevo che finché Papo rideva, saremmo stati al sicuro. Ero l’intrattenitore della famiglia. Volevo mitigare la tensione, e portare gioia e divertimento», dice Will Smith, due volte candidato all’Oscar.
Quando aveva nove anni, racconta che vide suo padre «colpire mia madre alla testa con tanta forza da farla svenire e sputare sangue. Più di qualsiasi altro momento della mia vita, probabilmente, fu quel preciso attimo in quella camera da letto a definire la persona che sono oggi». E quando la madre, minuta di corporatura con dita lunghe da pianista, per la quale contavano solo tre cose: «l’istruzione, l’istruzione e l’istruzione», decide di andarsene e si trasferisce dalla nonna Gigi, Will contempla l’idea del suicidio. «Presi in considerazione le pillole» racconta, «ma nella mia mente continuava a risuonare un vago ricordo di quando avevo sentito dire a Gigi che uccidersi era peccato».
Nelle oltre 400 pagine dell’autobiografia costruita per capitoli tematici, dalla Paura all’Amore, ci sono anche l’inizio della sua carriera di rapper, segnata da critiche per la sua educazione borghese (“non ero un gangster e non vendevo droghe”) fino al grande successo puntando su quello che è sempre stato il suo punto di forza: inventare battute. E tra gli incontri anche quello con Gabriele Muccino che l’ha diretto ne ‘La ricerca della felicità’ e ‘Sette anime». «Potevamo scegliere fra i più grandi registi, ma a me era piaciuto moltissimo L’ultimo bacio di Muccino, così chiesi di organizzare un incontro» racconta.
E poi c’è il tormentato rapporto con la moglie Jada Pinkett incontrata quando aveva 22 anni «ma i suoi occhi sembravano aver visto passare secoli; sembravano conoscere segreti e battaglie ben oltre la sua età», con la quale ha fondato la Will and Jada Smith Family Foundation a favore dello sviluppo delle comunità urbane negli Stati Uniti, promuovendo progetti educativi per ragazzi e bambini svantaggiati. E pensando all’amore Will Smith arriva alla conclusione che: «assegnare a qualcun altro oltre che a sé stessi la responsabilità della propria felicità è una ricetta per l’infelicità». In ‘Will’ vengono mostrati anche i momenti di crisi: «il problema era che avevo confuso il successo con l’essere amato e l’essere felice. Che invece sono tre cose diverse» dice. Perché, che tu sia uno dei più potenti e strapagati attori hollywoodiani o una persona comune alle prese con problemi comuni, la verità è una sola ed è la stessa per tutti: per realizzare le tue ambizioni senza sacrificare sull’altare del successo la felicità tua e di chi ami è essenziale non smettere mai di imparare. E ascoltare anche le voci che non ti piacciono, quando le incontri lungo il cammino.
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