"Mi sono stancato della vita. Perchè è un mondo in cui non mi riconosco più. E siccome non posso pretendere che il mondo si adatti a me, preferisco togliermi di mezzo. Come nel Falstaff: 'Tutto declina". A parlare, in un’intervista al Corriere della Sera, è il maestro Riccardo Muti, che tra un mese compirà 80 anni.
"Ho avuto la fortuna di crescere negli anni 50, di frequentare il liceo di Molfetta dove aveva studiato Salvemini, con professori non severi; severissimi - spiega Muti - Ricordo un’interrogazione di latino alle medie. L’insegnante mi chiese: 'Pluit aqua'; che caso è aqua? Anzichè ablativo, risposi: nominativo. Mi afferrò per le orecchie e mi scosse come la corda di una campana. Grazie a quel professore, non ho più sbagliato una citazione in latino. Oggi lo arresterebbero".
Non si tratta, dice Muti, di rimpiangere le punizioni corporali, ma, dice, "rimpiango la serietà. Lo spirito con cui Federico II fece scolpire sulla porta di Capua, sotto il busto di Pier delle Vigne e di Taddeo da Sessa, il motto: 'Intrent securi qui quaerunt vivere purì; entrino sicuri coloro che intendono vivere onestamente. Questa è la politica dell’immigrazione e dell’integrazione che servirebbe".
Muti continua dicendo di non riconoscere più neanche il suo mestiere: "La direzione d’orchestra è spesso diventata una professione di comodo. Sovente i giovani arrivano a dirigere senza studi lunghi e seri.... Oggi molti direttori d’orchestra usano il podio per gesticolazioni eccessive, da show, cercando di colpire un pubblico più incline a ciò che vede e meno a ciò che sente".
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