Venerdì 22 Novembre 2024

Festival di Cannes, Palma d'Oro al sudcoreano Bong Joon Ho. Banderas miglior attore

Bong Joon Ho

È il sudcoreano Bong Joon Ho il vincitore del 72mo Festival di Cannes: il suo film, "Parasite", ha conquistato la Palma d’Oro assegnata all’unanimità dalla Giuria presieduta dal regista messicano Alejandro Gonzalez Inarritu. Ed è una Palma d’Oro pesante, perchè arriva in un concorso di livello altissimo e batte due grandi favoriti come Pedro Almodovar per "Dolor y gloria" e Quentin Tarantino per "Once Upon a Time in... Hollywood". Lo smacco, va detto, è soprattutto per il secondo, che si è indubbiamente imposto come il grande film di questo festival e torna a casa a mani vuote. Per Almodovar, invece, c'è la consolazione, non da poco, di veder premiato il suo alter ego sullo schermo, Antonio Banders, come miglior attore. Premio meritatissimo, che giunge a sugello della carriera di un attore nato e cresciuto sui set di Almodovar, del quale, nella finzione di "Dolor y Gloria", è sostanzialmente la controfigura. La Palma d’Oro a "Parasite" va invece in direzione della consacrazione di un regista giovane, che qui a Cannes ha trovato spesso accoglienza, e che sa raccontare in forma piena e complessa le contraddizioni e le paure della società coreana contemporanea. Lascia un po' freddi, invece, il Premio per l’interpretazione femminile all’inglese Emily Beecham, protagonista del quasi fantascientifico "Little Joe" dell’austriaca Jessica Hausner, storia di una botanica che scopre qualcosa di inquietante nella pianta che ha creato in laboratorio, capace di comunicare serenità a chi inala il suo polline. In quota francese va ascritto anche il Premio per la Sceneggiatura assegnato dalla giuria a Cèline Sciamma per il suo film "Portrait of a Lady on Fire", storia dell’amore che unisce una giovane nobile e la pittrice che ha il compito di ritrarla prima che convoli a notte di rigore. Applausi calorosi, infine, per la Menzione Speciale attribuita dalla Giuria al nuovo film del grande regista palestinese Elia Suleiman, "It Must Be Heaven", commedia sull'assurdità della vita nel mondo occidentale accolta con grandi applausi dal pubblico del festival. L'Italia rappresentata da Marco Bellocchio col suo "Il Traditore" resta dunque fuori dal Palmarès, ma di certo non dalle attenzioni della Croisette, che ha tributato al film un grande successo. Alla stessa maniera l’esordio di Lorenzo Mattotti con "La famosa invasione degli orsi in Sicilia" è rimasto fuori dal Palmares della sezione Un Certain Regard, anche se ha ricevuto recfensioni molto positive. Nulla di grave, se si considera che i nostri due film hanno riscosso garnde interesse tra critica e pubblico e che questa 72ma edizione del Festival di Cannes è stata segnata da un livello altissimo della selezione, tra i più alti degli ultimi anni. Segnale estremamente positivo per un cinema internazionale che non manca certo di vitalità. Il film è la parabola di una famiglia di miserabili che riesce a farsi assumere in una ricca villa, innescando una serie di vicende sempre più invasive e drammatiche. Un altro riconoscimento sorprendente e molto indicativo assegnato da Inarritu e i suoi è il Grand Prix alla regista franco-senegalese Mati Diop per "Atlantics", sorta di dramma horror ambientato in una futuristica Dakar, sospesa sulla storia d’amore tra una ragazza destinata a un uomo ricco e un giovane operaio scomparso in mare mentre cercava di raggiungere la Spagna. In direzione più tradizionale è invece andato il Premio per la Regia, assegnato a Jean-Pierre e Luc Dardenne per "Le Jeune Ahmed", storia di un tredicenne musulmano radicalizzato che è determinato a uccidere una professoressa per i suoi metodi ritenuti blasfemi. I due fratelli belgi ritirano il settimo premio a Cannes per un film che però è uno dei loro meno riusciti della loro carriera. Il Premio della Giuria è invece stato assegnato ex aequo a due film di tendenza che hanno incontrato il favore del pubblico del festival: "Les Misèrables" dell’esordiente Ladj Ly è un dramma di quartiere che segue la giornata di una squadra di polizia nel sobborgo parigino di Cherbourg, mentre "Bacurau" dei brasiliani Kleber Mendonca Filho e Juliano Dornelles racconta la parabola di un villaggio del più profondo Sertao che finisce al centro delle mire assassine di un’accolita di potenti.

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