ROMA. Bionda e riccioluta, fisico da maggiorata e occhioni sempre sgranati, Isabella Biagini recitava la parte dell’eterna svampita e faceva ridere. Ironica ed esilarante, bravissima anche nelle imitazioni, aveva un talento comico insomma, forse più tagliato per la rivista e la tv che per il cinema, nonostante le tanti parti e particine nella commedia all’italiana che hanno riempito il suo curriculum, dai film con Steno a quelli con Luciano Salce, da Mario Camerini a Sergio Corbucci. Alla fine però è stata la tristezza di una vita martoriata dagli incontri sbagliati e dal dolore lacerante per la perdita della sua unica figlia, uccisa nel '98 da un tumore, a vincere su tutto. E a toglierle il sorriso dopo anni di declino professionale e povertà, la pensione da 700 euro al mese, gli incendi e lo sfratto da casa, i rotocalchi con gli scatti di lei accasciata come una barbona su una panchina, fino alla malattia - un’ischemia che l’avrebbe colpita in autunno - e la morte, oggi, a 74 anni, o forse qualcuno di più, in un hospice della capitale. «Essere sexy mi ha rovinato la vita», confessava lei dieci anni fa, ospite di una trasmissione tv. «Ho avuto attacchi di panico e la prima notte di nozze l’ho passata all’ospedale, figuriamoci come potevo essere sensuale». Eppure c'erano stati anni di successo e di lustrini. Con un esordio atipico, a metà degli anni Cinquanta, quando da ragazzina Isabella, che allora si chiamava Concetta, era stata scelta dal grande Antonioni per una particina nel film Le amiche. Qualche anno più tardi, complice il fisico esuberante, arrivano le partecipazioni alle commedie 'scollacciate' dell’epoca, titoli come La zia d’America va a sciare, il cocco di mamma, gli infermieri della mutua, la ragazza del prete. Tanti film di genere ma anche molta commedia all’italiana, con registi di peso, da Luciano Salce che la diresse in Slalom a Steno che la volle per Amore all’italiana, da Corbucci che l'assunse per il suo Boccaccio a Io non vedo, tu non parli lui non sente di Mario Camerini. La popolarità esplode però con la tv, dove si fa strada con un provino da presentatrice in cui, sempre recitando la parte della sciroccata fatalona fa ridere tutti e conquista scritture per ruoli comici, che le apriranno le porte della rivista musicale, da Non cantare, spara (1968), con il Quartetto Cetra, Bambole, non c'è una lira (1978) e C'era una volta Roma (1979). Nei programmi tv sfodera il talento di imitatrice, dissacrante e intelligente nel fare il verso alle super dive, dalla Vanoni alla Magnani, fino a Mina, che le riesce benissimo. E poi canta, balla, conduce. Con gli anni '80 comincia la discesa, il lavoro diminuisce anche se continua ad essere chiamata per piccole parti dal cinema (nel '97 partecipa anche a Nostalgia di protezione di Gillo Pontecorvo) e fa qualche programma in tv (Cari amici vicini e lontani di Arbore). Il '98, con la morte per tumore della figlia Monica, segna il punto di non ritorno. "Quel po' di talento che ho come attrice l’ho usato per mia figlia, per non farle capire che stava male", si confesserà qualche anno più tardi. Arrivano la vecchiaia e le difficoltà economiche. Nel dicembre del 2016, già sotto sfratto, viene salvata in extremis dal suo appartamento andato a fuoco per una stufa lasciata accesa troppo a lungo. Qualche giorno prima, intervistata a Domenica Live, aveva parlato con dignità della sua indigenza: «Non voglio i soldi di nessuno, mi piacerebbe invece ricevere una rosa bianca, senza le spine». E chissà se qualcuno dei tanti che l’hanno ammirata o hanno riso alle sue gag da finta ingenua, si ricorderà oggi di offrile almeno un fiore, bianco, profumato e senza spine.