MILANO. Niccolò Fabi fa i conti con 20 anni di vita e di carriera in 'Diventi inventi 1997 - 2017'.
«In un progetto normalmente preferisco sentirmi all’inizio della scalata, ma in questo momento mi è stato utile godermi ciò che avevo fatto - racconta Fabi - Ammettere che qualcosa è finito in questo caso è come passare dalla fase del costruire a quella dell’abitare».
Canzoni del passato come 'Rosso' o 'Costruire' sono state spogliate e riarrangiate in uno stile vicino all’ultimo acclamato disco, 'Una somma di piccole cose', di cui sono presenti 4 brani: «Ho cercato di dare un’idea più veritiera di chi sono come artista, piuttosto che accostare registrazioni di vari periodi che non ho avuto il coraggio di denudare: la mia voce esile e le mie parole non roboanti hanno bisogno di minimalismo per arrivare con potenza».
Secondo il cantautore il cambio di registro favorisce tracce come 'Ecco' o 'E' non è' o ne riporta altre allo spirito originale. Un concetto sviluppato nel secondo cd, 'Rarities', tra provini, versioni alternative, rarità come 'Attesa e inaspettata' eseguita dal vivo nel primo concerto 'Parole di Lulù' del 2010, e inediti
come 'Il primo della lista' o 'Un passo alla volta':
«Ogni pezzo è simbolico del percorso di un artista con i suoi dubbi, evoluzioni e sfumature nascoste, mi racconta per quello che non ho fatto».
Come 'Senza capelli', demo della hit 'Capelli':
«Si riguadagna il senso di una persona che ammette in maniera drammatica di essere riconoscibile attraverso un dettaglio, ma se fosse rimasta così, forse a Sanremo non mi avrebbero preso!». Il progetto insomma ricapitola non solo una storia discografica ma un cammino musicale e personale, come traspare dal libro-intervista presente nell’edizione limitata con doppio vinile e cd live: «In questi 20 anni ho capito che una certa introspezione ti fa scoprire cose a cui non vorresti pensare, il che è terapeutico. Ho capito che il mio modo di raccontare anfratti bui contiene una piccola guarigione e questo è arrivato a chi mi ascoltava: lo noto nei concerti, per il pubblico sono un nocchiero, non un esistenzialista martoriato».
Il racconto di 'Diventi inventi' si chiuderà proprio dal vivo, al Palalottomatica di Roma il 26 novembre:
«Dopo tutto questo una parte di me si ritira, ma è cosa diversa dire che appendo la chitarra al chiodo. Non voglio che si speculi su un fantomatico addio alle scene, ma realisticamente un concerto di questo tipo non lo farò più. Credo che chi mi segue sarà orgoglioso di vedermi e incontrarsi in un contesto così grande». Sul palco del Palalottomatica saliranno compagni di percorso, tra nomi più o meno celebri: «Non c'è la logica degli special guest. Oltre la mia band verranno i musicisti che sono stati con me nei 18 anni precedenti, come Francesco Valente con cui ho inciso i primi pezzi: voglio che anche loro vivano questo momento».
E dopo?
«Il bello dell’anno prossimo sarà l’improgrammabilità. Artisti che ho preso a modello come Sufjan Stevens e Bon Iver hanno deciso di evadere dalla chitarra e voce andando sull'elettronica: anche solo per antitesi non posso dire che quella sia un’ipotesi lontana. Ma qualunque cosa la farò in libertà, perché la mia forza è arrivata quando mi sono tolto le pressioni, a partire dalle mie stesse».
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