ROMA. «C'è sempre una scelta. Non possiamo tornare indietro, ma la possibilità di scegliere e di cambiare, quella ce l’abbiamo sempre». Dal brigantaggio agli anni bui del terrorismo e della droga, la grande storia d’Italia fa da sfondo e si intreccia in questo sorprendente romanzo d’esordio alle vicende di una famiglia, i Capaci, che dalla Sicilia postunitaria delle lotte per la terra, si ritrova nel secondo dopoguerra protagonista dei salotti dell’intellighenzia romana, attraversa il decennio del boom economico, subisce sbigottita il buio degli anni di piombo, gli ideali inghiottiti dal riflusso, il dramma dell’eroina che fa strage di sogni. Un romanzo borghese - I Capaci. Storia di una famiglia scritto da Valentina Chiarini - che mette a fuoco le contraddizioni della famiglia, inevitabilmente luogo di tenerezze e di rancori, di condivisioni e di silenzi. E insieme una sorta di epopea al femminile. Perché dalla ribelle Concetta, la progenitrice che per amore non esita a farsi brigantessa, fino alla fragile pronipote Francesca, sono le donne, tutte «lunghe lunghe come candele di quaresima», l’anima di ferro dei Capaci. Quelle che di generazione in generazione, sempre "un’anticchia più alte" dei loro mariti, tengono le fila della storia, si interrogano sul senso dell’esistenza, combattono per guadagnarsi, con i mezzi che hanno e nei tempi che vivono, un’affermazione e un ruolo nella società. Nell’immaginaria Nitrace, paese sperduto di una Sicilia fascinosa e feroce, il racconto si apre con le nozze di Tano e Concetta, servo affrancato e intraprendente lui, ragazza bellissima e risoluta lei, con uno spirito di ribellione nel sangue. Fianco a fianco nel lettone, sotto al soffitto affrescato del palazzetto che Tano ha costruito per la sua progenie, i due sposi si dispensano passione e danno vita a un sodalizio d’intenti che finirà solo con la morte precoce di lui. E che, a dispetto della scelta estrema di Concetta - che a cinquant'anni lascerà tutto per seguire libera un giovane brigante - getterà le basi della crescita economica e sociale della famiglia a venire. Con i figli dei figli che cambieranno terre, città, sapori, scopriranno il mondo e parteciperanno ai suoi cambiamenti. Protagonisti, ognuno a suo modo, della storia collettiva. Sospesa tra sogno e realtà, con una narrazione fantastica in cui si innesta senza stridori il richiamo agli avvenimenti che hanno segnato la fine del XIX secolo e poi l’evoluzione del XX, la saga dei Capaci procede rotonda, impastata di echi e di suggestioni letterarie, dal Thomas Mann dei Buddenbrook al Calvino delle Fiabe Italiane fino al Gabriel Garcia Marquez di Cent'anni di solitudine. Di generazione in generazione, i Capaci si spostano dalla Sicilia al frusinate per approdare infine a Roma, protagonisti, con Giolì e con sua moglie Nina, della lotta di Resistenza e poi dei travagli della ricostruzione. Ed è proprio nella capitale degli anni '50-'80 del Novecento, che la famiglia, ormai inserita a pieno titolo nei ranghi della borghesia intellettuale, viene sottoposta alle prove più dure, la realtà della politica che sbriciola le certezze dell’ideologia, il mondo che cambia veloce, il male di vivere dei giovani che spiazza anche chi ha speso l’esistenza nell’impegno civile senza mai sottrarsi a scelte scomode e anticonformiste. Un lutto, l’ennesimo, rischierà di mandarla in pezzi. Alla fine però prevarrà la vita, la voglia di di raccogliere il testimone di nonna Concetta. «Freedom's just another word for nothing to lose», libertà è solo un’altra parola per dire che non hai più niente da perdere, cantava Janis Joplin in un verso della disperata Me and Bobby McGee che ritorna come un mantra in questo racconto. Parole che in fondo si possono interpretare in tanti modi, per scegliere l'autodistruzione o per ricominciare, per annientare l'istituzione famiglia o per andare avanti riprovando. «Una scelta c'è sempre».