ROMA. «Una produzione discografica parallela». La chiama così, Francesco De Gregori, la sua vasta collezione di album dal vivo. Una collezione che conta un nuovo doppio capitolo - conti alla mano il sedicesimo della sua carriera, a fronte di una ventina in studio e a una dozzina di raccolte - con Sotto il vulcano (F&P Group e Caravan/Sony Music), presentato oggi a Roma. «È vero, ho fatto tanti album live, forse troppi, direbbe qualcuno. Ma ne farò ancora», rilancia il Principe della canzone italiana che aggiunge: «Questa cosa ha sempre stupito anche me, forse è perchè sono un narcisista e mi piace far vedere e far sentire cosa succede quando canto davanti alle persone. Ho la necessità di pubblicare me stesso e di testimoniare la facoltà delle canzoni si cambiare nel tempo. Del resto è come se a un pittore si impedisse di dipingere anche 10 quadri in un giorno... io mi sento un po' quel pittore». Un amore per le registrazioni live che è andato crescendo nel tempo. «Prima del tour Banana Republic con Lucio Dalla (del 1979, ndr) non ero convinto della mia resa live. Da lì in poi ho avuto la sensazione che quello che succedeva sul palco faceva da contraltare a quello che facevo in studio». Il doppio album, già disponibile, è stato registrato lo scorso 27 agosto durante il concerto al Teatro Antico di Taormina per Amore e Furto Tour. «A mia insaputa», precisa De Gregori glissando sui riferimenti all'attualità politica del Paese e della capitale, «era l'ultima data e non avevamo registrato nulla. Mi dispiaceva e l'ho detto al mio bassista e produttore Guido Guglielminetti. È stato lui ad organizzare tutto: quella sera penso di essere stato l'unico a non sapere della registrazione». Quella sera venne spontaneo anche l'omaggio a Dalla, con 4 marzo 1943, il singolo che ha anche anticipato l'uscita del disco, nella versione censurata dai «Ladri e le puttane». «L'idea mi è venuta proprio in Sicilia. Eravamo vicino alla casa che lui aveva lì. Perchè un omaggio ora? Non è mai troppo tardi, non è mai troppo presto. Volevo ricreare un po' di quella grazia e di quella luce che lui aveva quando l'ha cantata a Sanremo. Sono orgoglioso della collaborazione che abbiamo avuto: c'era uno scambio reciproco». Sanremo. È l'unica volta che De Gregori, durante l'incontro, sfiora l'argomento Festival. Niente politica, niente festival. «Trump? Potete scrivere che io dico Trump, con la U», ironizza non cedendo di una virgola su argomenti che non siano il disco o la musica più in generale. L'unica concessione la fa parlando del titolo del disco. «Sotto il vulcano, perchè lo eravamo davvero sotto l'Etna, e anche perchè è il momento storico che stiamo vivendo, un continuo movimento tellurico». Si torna a parlare di musica e del fatto che non pubblica un disco di inediti dal 2012 (con Sulla Strada, poi nel 2014 è arrivato il best Vivavoce e nel 2015 Amore e furto con le canzoni di Bob Dylan tradotte, «fossi stato in lui sarei andato di corsa a Stoccolma»). «Faccio meno dischi in studio, perchè è difficile trovare cose che non hai già detto o essere all'altezza di quello che hai già fatto. Per fortuna non ho mai avuto scadenze. Le canzoni devono venire da sole, non sono radiocomandate. Ora mi prendo un anno di pausa, un anno in cui potrò stare a guardare fuori dalla finestra. Se ci sono i brani, penso che un nuovo disco potrebbe arrivare nel 2018, altrimenti aspetterà».