PALERMO. Le storie di persone comuni si mescolano alle vicende di personaggi diventati protagonisti di vecchie e nuove classi dirigenti.
Luoghi periferici della Sicilia come il Comune di Lercara, terra natìa dell’autore del volume “L’isola dei passi perduti”, si intrecciano alle descrizioni di centri di potere come, per esempio, Palazzo dei Normanni. Pagina dopo pagina si ripercorrono quasi tre secoli di storia di Sicilia ricostruendo quel filo rosso che legava amministrati e amministratori, spesso troppo distanti. Passo dopo passo sembra riapparire quella strada che si mostra ormai perduta, a tratti cancellata da eclatanti episodi di malgoverno, dimenticata da inefficienze e criticità.
Non una storia qualsiasi, ma la storia istituzionale dell’Autonomia regionale siciliana: strumento ipoteticamente potentissimo, accolto nel 1946 come una conquista storica “ma che è servito – scrive Pasquale Hamel nella prefazione – a consolidare apparati schizofrenici e autoreferenziali, che è servito ad allontanare ancor di più la cosa pubblica dalla gente, che ha frenato i diritti di cittadinanza, che serve proprio a questo modestissimo ceto politico di garantire la propria continuità”.
Francesco Cangialosi, già vicesegretario generale dell’Assemblea regionale siciliana ne fa un’analisi attenta: dal viceré Caracciolo – l’uomo incaricato di avviare il primo tentativo di modernizzazione della Sicilia - sino ai giorni nostri.
Il volume intitolato “L’isola dei passi perduti” ed edito da Nuova Ipsa Editori, verrà presentato domani alle 17 presso la sala convegni di Banca Nuova in via Cusmano.
“Passi perduti – spiega l’autore Francesco Cangialosi – perché non in sintonia con i ritmi della Storia, con le sue improvvise e superbe accelerazioni, con la sua andatura, spesso scomposta, ma sempre sostenuta, che fa selezione, che esclude ed elimina quanti non hanno testa, fiato e gambe per elaborare e portare avanti idee e progetti di cambiamento e di sviluppo. Il volume raccoglie pagine e pagine di storia falsata da “passi perduti”, remorata da “passi pesanti”, mentre il traguardo, il buon governo dell’isola, diventa via via più lontano, più inavvicinabile, più irraggiungibile”.
Eppure l’autore non dimentica di dedicare spazio alle tante persone per bene che hanno operato con impegno e di ricordare fra queste Mimmo Cangialosi che ha legato il suo nome alla legge per “la tutela , la valorizzazione e l’uso sociale dei beni culturali e ambientali della Regione siciliana”. “Lo Statuto siciliano – sottolinea Francesco Cangialosi – può ancora avere un futuro purché il suo guscio ormai vuoto sia riempito di valori, di speranza, d’idealità, di passione civile”.
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