ROMA. Sono passati 70 anni da quando 'La fattoria degli animali' di George Orwell uscì il 17 agosto 1945, bloccata negli anni di guerra, vista la sua feroce satira nei confronti di Stalin e dell'Unione Sovietica che era alleata contro la Germania nazista dell'Inghilterra (in italiano venne pubblicata nel 1947), eppure questo apologo satirico e grottesco sul potere, portato avanti mettendo in scena degli animali come nelle favole di Esopo, non perde il proprio senso, visto che di prese del potere ambigue, di voltafaccia, di totalitarismi striscianti ne vediamo vivere ancora tanti attorno a noi.
Il romanzo ha una lunga gestazione se, come pare, la prima idea venne all'autore mentre era sul fronte dei repubblicani durante la Guerra di Spagna e la sua conclusione arrivò sei anni dopo, nel 1943.
Dopo la pubblicazione, in anni di Guerra fredda, naturalmente un libro di questo genere venne fortemente strumentalizzato, esaltato da una parte e denigrato o passato sotto silenzio dall'altra, puntando in specie sul satirico pessimismo che lo pervade e che troverà la propria più piena espressione in un'altra opera di Orwell, '1984' (invertendo le ultime due cifre dell'anno in cui la scrisse, il 1948), che ha uno sguardo al futuro con l'ottica utopistica rovesciata, ovvero al negativo, descrivendo un mondo senza più libertà.
Orwell, socialdemocratico e laburista, combatté in Spagna tra le file del Partido Obrero de Unificación Marxista d'ispirazione trotzkista e per questo subì forti persecuzioni da parte delle formazioni militari staliniste, fino alla sua soppressione da parte delle autorità repubblicane: un'esperienza che lasciò in lui una precisa idea del totalitarismo e un'ostilità dichiarata nei confronti di Stalin, salito al potere come rappresentante del popolo, come è chiaro già nelle pagine del suo diario dell'epoca, 'Omaggio alla Catalogna'
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