Lunedì 23 Dicembre 2024

"Appassionate", quando il lavoro è una questione di cura

ROMA. ''Quello che ti piace fare è la cosa che sai fare meglio''. Lasciato il lavoro da autrice in tv, Filomena Pucci quello slogan lo aveva appiccicato con un post it sul muro, ma senza leggerlo davvero. Poi un giorno, dopo due anni senza un impiego, si è alzata, lo ha preso in mano e ha cominciato un nuovo viaggio. È nato così ''Appassionate'', progetto finanziato tutto con il crowfunding, che è diventato un libro reportage sul mondo dell'imprenditoria femminile (in ebook su Amazon), destinato a crescere ancora tra incontri, documentari, nuovi scritti e una pagina Facebook da 1.500 fans. ''E' stato questo passaggio - racconta l'autrice - dall'impiego quotidiano alla disoccupazione, con tutto quel che ne consegue, a farmi riflettere sul concetto di lavoro. Non accettavo fosse diventato solo un modo per produrre soldi e il libro è diventata un'espansione di me''. Per sette mesi la Pucci, che sul tema firma anche un blog per la Nuvola/Lavoro Corriere della Sera, è andata su e giù per l'Italia, con tappa anche a Parigi, incontrando dieci donne già riuscite nell'impresa di trasformare una passione in lavoro, da Marina Cvetic, oggi alla guida dell'azienda vinicola Masciarelli, a Giulia Lovato che con la madre Mirka ha vinto l'Oscar green Coldiretti per la loro fattoria sociale in Veneto. E poi Antonietta Tummolo che produce occhiali in Lucania e Iole Siena, stratega del successo di Arthemisia nel settore mostre. E ancora le fondatrici della rivista digitale per bambini Timbuktu (nominata l'anno scorso come la migliore al mondo) o Lucia Iraci, con i suoi esclusivi negozi per parrucchiera che però per pochi euro rifanno il look (abito in prestito compreso) alle ragazze con un colloquio di lavoro. ''Sono tutte donne - spiega la Pucci - perché il futuro è donna. Non è una rivendicazione di genere. I dati Unioncamere, pur con solo due rapporti sulle imprese al femminile, dicono che su 6 milioni e 600 aziende, in Italia quasi un milione e mezzo sono guidate da donne, ovvero un terzo del nostro Pil. Ciò non vuol dire che tutte le donne siano originali creatrici di lavoro, ma, ad esempio, ho scoperto che le imprese femminili falliscono di meno. Probabilmente perché le donne tengono duro di più. È l'approccio al lavoro che è diverso e il prodotto diventa prima di tutto un prodotto di senso, come per Maria Fermanelli, che produce pane per celiaci e non perché qualcuno in famiglia abbia questo problema. O la Iraci, che paga di più i dipendenti perché siano sereni a lavoro. Un fenomeno nascente a tutte le latitudini''. Non solo esempi di imprenditoria che resiste alla crisi, dunque, ma la volontà di tracciare nuove strade seguendo i valori umani, emotivi, etici del creare lavoro. Passo dopo passo, il libro fotografa questi incontri come un reportage, tra titoli che sono già un programma di vita (da Pendersi cura dell'idea a Mettere le gambe ai sogni, Leadership della vulnerabilità, Successo: voce del verbo succedere), ma racconta anche l'evoluzione di una donna che scrivendo cambia l'approccio a sé stessa. ''Discriminazione? Purtroppo in Italia ce n'è ancora molta - risponde l'autrice - La stessa Cvetic cita le lunghe anticamere in banca alla morte del marito. 'Appassionate', però, vuole dimostrare che certi argomenti non sono impliciti nella donna. La 'cura' si impara esattamente come la gestione di un business plan. La differenza sta nel farlo alla maniera maschile o femminile. Ancor più in questo periodo di crisi - prosegue - le donne stanno raccontando al mondo il loro punto di vista, trovando nel lavoro il loro spazio. Lo fanno alla loro maniera: smuovendo le montagne, se necessario, e senza spostarsi dalla linea di quello che vogliono fare, che è molto vicina alla linea del cuore''. Finito il libro, che è subito schizzato in cima alla classifica delle migliori novità della sezione business di Amazon, conclude, ''ho capito che le donne che fanno impresa ci sono già e che molti uomini sono pronti a parlare la nostra lingua. Anzi, bbbiamo l'onere e l'onore di portare parole nuove nel mondo del lavoro. E su questo abbiamo un vantaggio di almeno 10 anni''.

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