Una volta c'era Lamerica secondo il titolo del fortunato film di Gianni Amelio. Era l'Italia vista con gli occhi dell'Albania. L'immagine rimasta nella memoria collettiva è quella della nave carica di immigrati clandestini che, nell'estate del 1991, attracca nel porto di Brindisi. Una carretta del mare che solo grazie all'intervento divino non è affondata nella traversata. In quei giorni ventisettemila albanesi passano il mare inseguendo un sogno che Rai e Mediaset si sono incaricate di confezionare ad uso esclusivo del Popolo delle Aquile. Quasi un quarto di secolo dopo il parametro si è invertito. Sono i teleschermi albanesi a trasmettere il nuovo sogno agli italiani. Ieri sera, infatti, sono cominciate le trasmissioni di Agon Channel che va in onda su uno dei canali satellitari di Sky. Certo le star sono, in massima parte, stelle un po’ cadute della tv nazionale a cominciare da Simona Ventura. Resta il fatto che il cammino del successo ha attraversato l'Adriatico in direzione inversa. Ora gli studi sono a Tirana e gli spettatori in Italia. Come spesso accade la tv finisce per diventare lo specchio dell'intera comunità. Negli ultimi dieci anni l'economia albanese è cresciuta ad un ritmo variabile fra il 2 e il 4%. Quella italiana è andata indietro e, talvolta, anche sottozero. Tutta colpa di un destino amaro? Non proprio. Colpa anche di un sistema estremamente rigido. Nella sua prima intervista, Simona Ventura ha spiegato quanto sia più semplice e conveniente fare tv a Tirana che negli studi di Roma o di Milano. Il costo del lavoro è infinitamente più basso e non c'è la presenza ingombrante dei sindacati che costringe ad infinite mediazioni. Anche il mondo dello spettacolo è ostaggio della paralizzante dialettica sindacale. TUTTO L'ARTICOLO NELLE PAGINE DEL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA